La mantovana Paola è l’angelo dei randagi sulle sponde del Mar Nero
La volontaria iniziò ad appassionarsi alle sorti dei cani in Romania 15 anni fa. Ora collabora con Save the dogs che gestisce un rifugio e una clinica veterinaria
Sabrina Pinardi
MANTOVA. L’ha fermata soltanto la pandemia, che ha interrotto i suoi viaggi a Cernavoda. Ma il cuore di Paola Lazzarini è là, con i cani di strada, dove sta aspettando di tornare. A duecento chilometri da Bucarest, vicino alle sponde del Mar Nero, dove Save the dogs gestisce un rifugio per 250 animali e una clinica veterinaria. Paola ha cominciato ad appassionarsi alle sorti dei randagi rumeni 15 anni fa, grazie al blog Cani di Bucarest, scritto da Sara Turetta, che presto, agli inizi degli anni 2000, avrebbe fondato l’associazione Save the dogs.
«Era il racconto di una ragazza italiana che la sera, stremata, scriveva di com’era andata la sua giornata da volontaria» spiega Paola. A quei tempi, faceva la volontaria al canile di Mantova. «Decisi di contattare Sara – ricorda – per capire in che modo potessi essere utile, e così e iniziai a fare la madrina di volo». Si imbarcava in Italia e volava in Romania dove, all’aeroporto, l’aspettavano i volontari locali. Prendeva subito in consegna i cani che avrebbero trovato una casa in Italia e ripartiva. Di Bucarest vedeva soltanto gli spazi anonimi dei gate e delle sale d’attesa.
«Ognuno di noi poteva portare con sé cinque cani. I miei fine settimana li passavo così». Arrivò, però, un momento in cui i racconti di chi operava in Romania non le bastarono più: «Sentivo parlare delle atrocità che subivano gli animali e decisi di fare la volontaria là. Un luglio, per il mio compleanno, partii per la mia prima settimana in Romania. Sara la incrociai appena, mentre tornava in Italia per rinnovare la carta verde». Il suo primo insegnamento spiazzò Paola: «Mi disse di non guardare alla Romania con gli occhi della volontaria italiana. Capii il perché: ci sono migliaia di cani che girano attorno liberi».
Il problema del randagismo, ormai endemico, esiste da quando il dittatore Ceausescu impose il trasferimento di massa della popolazione dalle campagne alle città, in piccoli appartamenti di blocchi tutti uguali nei quali gli animali non trovavano posto. Dal 2001, la legge rumena prevede l’eliminazione dei randagi, che avviene nei canili pubblici a 14 giorni dal loro ingresso.
E Save the Dogs, dal 2002, cerca di fermare la strage. Uno dei primi progetti dell’associazione è stato il programma di sterilizzazione, cominciato proprio a Cernavoda: «Trattenevamo i cani malati, ma quelli sani li sterilizzavamo, mettevamo l’orecchino e li lasciavamo di nuovo liberi dove li avevamo trovati». Dal 2005 esiste, poi, il programma internazionale di adozioni: sono 7.500 i cani e i gatti adottati.
Purtroppo non più in Italia: dal 2019 le adozioni nel nostro Paese sono state fermate a causa dei costi troppo elevati per l’associazione, in attesa di rivalutarne la sostenibilità in futuro. Di Save the dogs, Paola ha fatto parte anche del direttivo. Alla passione e alla dedizione (tutte le sue ferie le spende in Romania) ha aggiunto, nel tempo, le competenze professionali: è diventata educatrice e istruttrice cinofila. E quello che ha imparato in corsi su corsi ora lo mette al servizio degli animali. «Mi occupo di profilare i cani da strada affinché possano essere adottati. Molti di loro sono socievoli, mentre altri temono le persone. Io li aiuto».
Anche Paola è mamma adottiva di un cane rumeno, anzi di una cagnolona: ha circa tre anni, è stata salvata dalla strada nel 2019 e si chiama Agata. «Quando ci siamo incontrate è stato amore a prima vista».
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