Corneliani, ministero subito al lavoro per i 10 milioni
Tre scenari probabili per Corneliani: tecnici Mise già all’opera. Giorgetti, sindacati e istituzioni: è di nuovo pressing sui soci
Monica Viviani
MANTOVA. Rientrate a notte fonda a Mantova, mentre ieri le operaie erano di nuovo in presidio ai cancelli di via Panizza con i segretari generali di Filctem Cgil Michele Orezzi e di Femca Cisl Gianni Ardemagni, a Roma intanto erano già in corso gli approfondimenti tecnici disposti dal ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per lo sblocco immediato dei 10 milioni destinati al salvataggio della Corneliani. Scattate a pochi minuti dalla conclusione del tavolo di crisi di mercoledì, si tratta di verifiche che in realtà non sarebbero neppure necessarie se i soci di maggioranza e minoranza fossero disposti a fare la propria parte. Vale a dire: immettere i milioni necessari alla ristrutturazione aziendale, così come previsto dal decreto attuativo del fondo salva-imprese; così come ribadito al tavolo dallo stesso ministro oltre che da sindacati e sindaco; così come si erano impegnati entrambi a fare il 21 luglio scorso in prefettura. Una volta che Giorgetti ha escluso la messa in liquidazione dell’azienda («nessuno se la può permettere), sono d’altronde tre gli scenari al momento più probabili, emersi durante il vertice, per preservare il futuro della Corneliani. E il primo chiama in causa ancora una volta la proprietà.
«O voi soci siete disposti a investire anche solo qualche milione di euro nell’azienda o non dovete ostacolare chi sta cercando di salvarla»: così per ben due volte Giorgetti si è rivolto a fondo Investcorp e famiglia Corneliani. Azionisti che ormai da almeno un anno hanno chiuso quei rubinetti che invece, come ricordato al tavolo dal sindacalista Orezzi, si erano impegnati a riaprire il 21 luglio in prefettura a margine della firma dell’accordo che sancì l’ingresso del Mise nel capitale con i 10 milioni del fondo-salva imprese, che ha consentito all’azienda di ripartire e completare due stagioni. Azionisti che nel febbraio 2020, ha ricordato ancora al vertice il segretario generale della Filctem Cgil, erano pronti a firmare con i sindacati un piano di ristrutturazione da circa 5 milioni che, scongiurando i 130 esuberi annunciati qualche mese prima, prevedeva fuoriuscite volontarie con scivoli pensionistici fino a quattro anni e tre finestre di incentivi per i non pensionandi. Già approvato dalle assemblee dei lavoratori, la firma di quell’accordo saltò solo per la chiusura della Regione causa Covid.
Insomma dai soci dipende lo sblocco più immediato dei 10 milioni. Il decreto attuativo del fondo salva-imprese prevede due tipi di intervento: uno richiede un investimento da parte della società, l’altro la presenza di un terzo investitore indipendente. Nel primo caso il fondo può intervenire con i 10 milioni per salvare le aziende in procedura concorsuale come la Corneliani solo se c’è un contributo finanziario da parte dell’impresa di almeno il 40% dei costi per il programma di ristrutturazione. Di qui l’appello anche del sindaco Palazzi perché gli azionisti facciano la propria parte. Il secondo intervento è quello per il quale si sta lavorando da mesi: il Mise interviene nel capitale solo c’è un altro investitore esterno. Saltato Boglione e dopo che al tavolo non sono state presentate altre possibili offerte, resta uno scenario possibile ma vincolato alle tempistiche dettate dal tribunale: la scadenza per il deposito del piano di concordato in continuità è il 15 aprile.
Se i soci non dovessero fare la propria parte e non dovesse spuntare un nuovo investitore entro le prossime settimane, ecco il terzo scenario al vaglio dei tecnici del ministero per tener fede all’accordo del 21 luglio: trovare la strada per sbloccare lo stesso i 10 milioni senza violare le limitazioni europee agli aiuti di Stato. La soluzione privilegiata anche dal Mise è quella che porta a un concordato in continuità e il paracadute dell’amministrazione straordinaria resta come ultima spiaggia a evitare in ogni caso la liquidazione. Un’ultima istanza, accettata al tavolo anche da ad e soci, alla quale servono alcuni passaggi formali prima del 15 aprile.
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