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Corneliani, il nodo dei negozi: chiusura per Londra e Parigi?

Giorgetti: crisi risolta, domani tavolo decisivo e soluzione per azienda e lavoratori Ma intanto il contenimento costi partirebbe dal taglio degli affitti per le boutique

Monica Viviani
2 minuti di lettura



«Sono soddisfatto perché in poco più di un mese e mezzo abbiamo risolto una situazione grave che sarebbe finita male per i lavoratori e con la perdita di uno storico marchio italiano»: così il ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti alla vigilia del tavolo Corneliani che si terrà domani a Roma. Un incontro che per il Mise dovrà essere «decisivo» e durante il quale «il ministro intende concretizzare una soluzione positiva per l’azienda e i lavoratori» sicuro che «con un investimento privato di 7 milioni di euro e con lo stanziamento di 10 milioni da parte di Invitalia la storica Corneliani avrà un futuro rispetto alla prospettiva del fallimento». Insomma, concludono dal ministero, domani «sarà il momento di mettere sul tavolo concretamente le proposte e le offerte: dal piano industriale agli impegni presi dalle parti al futuro dei lavoratori. La scadenza è vicina: entro metà aprile dovrà essere tutto formalizzato» ma «tutti – aggiunge Giorgetti – guardiamo quella data con uno spirito diverso, più che una speranza per il futuro».

Ma intanto all’orizzonte di via Panizza si profilerebbero già le prime chiusure di punti vendita con la rinuncia ai contratti d’affitto delle boutique di Londra e Parigi. Starebbe per partire da qui, in base a indiscrezioni trapelate in queste ore, una nuova operazione di contenimento dei costi già incanalata sul cammino per la nascita della Corneliani 2.0. Insieme all’ipotesi di 150 esuberi, quel poco che al tavolo a Roma del 23 marzo era stato anticipato sul piano industriale della nuova società proposta da Investcorp, comprendeva d’altronde proprio una razionalizzazione della rete retail full price oltre che la rinuncia alla produzione in Slovacchia. Una rete, quella dei negozi monomarca non-outlet della casa di moda, che, oltre a quelli nelle due capitali estere, ne conta anche a Milano, Roma, Firenze e Mantova.

Mantova, appunto, dove i lavoratori cercano di stemperare l’ansia condividendo il più possibile e con quanti più possibile le ultime ore che mancano al terzo appuntamento al ministero. Quello che, come dichiarato da Giorgetti, alzerà il sipario sul piano industriale della newco e sui 150 esuberi (su 490 dipendenti italiani) annunciati il 23 marzo. Così è bastato un «ma che ne dite se...?» e al presidio di ieri la pausa pranzo è stata a base di risotto cucinato per oltre una cinquantina di colleghe e colleghi da Manuela Benatti e di dolci preparati dalle operaie. C’è voglia di stare uniti qui nel piazzale di via Panizza per non lasciarsi logorare dalla preoccupazione. Perché sì «c’è stata la svolta ma adesso bisogna andare a mettere nero su bianco parecchie cose – spiegano le Rsu – E la prima è partire da un piano industriale, perché non si può partire dalle teste e dagli esuberi senza sapere dove vogliono portare l’azienda nei prossimi cinque anni, ovvero quelli in cui il governo resterà nella società. Ora ci sono 17 milioni, però la nostra preoccupazione resta quella cifra: 150». Quel numero che parla di loro, delle loro vite. —

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