Accordo Corneliani, oggi si decide. I sindacati: «Nessuno va lasciato indietro»
I sindacati al tavolo Mise: si riparta dall’accordo 2019. E intanto chiude anche il negozio di Roma?
Monica Viviani
MANTOVA. «Salvi tutti i 500 lavoratori»: riparte da qui il tavolo per la Corneliani 2.0 che questo pomeriggio (1° aprile) torna a riunirsi a Roma con il ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Da quei comunicati della politica rimbalzati il 23 marzo sui media nazionali mentre la svolta raggiunta quel giorno al Mise mostrava già i fili scoperti di un piano industriale ancora riservato: 150 esuberi tra i 490 dipendenti in Italia, un lavoratore su tre. Riparte con il ministro deciso a «concretizzare una soluzione per l’azienda e i lavoratori» e con l’obiettivo comune a raggiungere un accordo, ma anche da nuove indiscrezioni sul fronte occupazionale italiano che rischiano di non aiutare la trattativa: oltre a quelli di Londra e Parigi, l’azienda avrebbe intenzione di chiudere anche la boutique di via del Babuino a Roma che conta cinque lavoratori.
"NESSUNO VA LASCIATO INDIETRO"
Serve tempo. Tempo per «una ristrutturazione aziendale che non lasci indietro nessuno». Come serve che l’impegno pubblico nella newco proposta da Investcorp non sia limitato alla sola partecipazione societaria ma che «lo Stato sia garante per i lavoratori e per l’azienda». Serve «un accordo a tre tra tutti i lavoratori, il socio di maggioranza della nuova società, ovvero Investcorp, e il socio di minoranza, ovvero il Mise». A ribadire le parole d’ordine che i sindacati porteranno oggi al tavolo è stato ieri il segretario generale della Filctem Cgil Michele Orezzi che insieme a Deborah Comoglio di Femca Cisl ha riunito lavoratrici e lavoratori presenti al presidio.
"SI RIPARTA DELL'ACCORDO DEL 2019"
«Al tavolo del 23 marzo abbiamo insistito perché quella fosse la sede della trattativa – ha scandito Orezzi – E noi ripartiremo dall’accordo del 19 novembre 2019, che non parlava di esuberi come non indicava numeri, ma prevedeva scivoli pensionistici e uscite incentivate volontarie. È stato il primo accordo firmato dall’amministratore delegato Giorgio Brandazza a pochi giorni dal suo insediamento in Corneliani». Un accordo con una premessa importante: «Nell’indicare dove stava andando l’azienda – ha sottolineato ancora il sindacalista – metteva sul piatto investimenti per 18,6 milioni di euro». È da qui che Orezzi, con Gianni Ardemagni (segretario generale Femca Cisl) e Giovanni Pelizzoni (segretario generale Uiltec Uil) si aspettano parta il tavolo di questo pomeriggio: «Dal piano industriale della newco, perché un qualsiasi accordo deve tenere insieme queste due cose: dove sta andando l’azienda rispetto alla ristrutturazione necessaria». Perché un qualsiasi accordo per la Corneliani che verrà «non potrà prescindere dai tempi previsti per la ristrutturazione» che tutti sanno, lavoratrici e lavoratori per primi, essere comunque inevitabile. Ma serve «un patto tra le parti che tenendo conto della crisi del settore punti a un chiaro piano di rilancio per i prossimi anni». Resta il fatto che mentre ogni giorno ci sono dipendenti che lasciano via Panizza per altri posti di lavoro (quattro solo questa settimana) portandosi via competenze e professionalità, per il momento si sa solo che in quella pentola ancora chiusa ci sono 150 esuberi.
I NEGOZI IN BILICO
E restano quelle indiscrezioni preoccupanti sulle intenzioni dell’azienda per la rete retail full price: alla rinuncia dei contratti di affitto per le boutique di Parigi e Londra, avrebbe intenzione di aggiungere anche quella per il negozio di via del Babuino a Roma, quello aperto nel 2018 dall’allora amministratore delegato Roviera. In tutto nella capitale, Corneliani conta sei dipendenti: cinque nello store di lusso della via della moda e una nel corner all’interno della Rinascente.
ONDA ROSSA IN ATTESA AL PRESIDIO
Come già il 23 marzo, l’onda rossa aspetterà al presidio il responso del tavolo romano. Le lavoratrici e i lavoratori si riuniranno a partire dalle 14.30 nel piazzale di via Panizza. Al momento non è prevista alcuna videoconferenza al termine del vertice, anche perché non si esclude che la trattativa possa proseguire sino a tarda ora.
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