Caccia alle nutrie: è boom di catture nel Mantovano
Lo scorso anno ingabbiati oltre cinquantamila esemplari. Ma per gli agricoltori non basta: «Lontani dall’obiettivo»
Sabrina Pinardi
MANTOVA. Più nutrie catturate e più comuni coinvolti, ma per gli agricoltori ancora non basta. Chi lavora la terra alza la voce contro i roditori, colpevoli di mangiare i raccolti e di rendere pericolosi, con le loro gallerie, fossi e capezzagne. Nel 2020, secondo l’elaborazione di Confagricoltura su dati provinciali, sono stati catturati e smaltiti più di 50.400 esemplari in cinquanta comuni. Rispetto al 2019, è cresciuto sia il numero dei capi catturati (+8.960) sia quello dei comuni coinvolti (quattro in più), ma è ancora troppo poco per poter parlare di eradicazione.
«I numeri sono in aumento – commenta Alberto Cortesi, il presidente dell’associazione di categoria – e questo non può che farci piacere, ma non ci stancheremo mai di dire che la cifra è ancora troppo bassa e che è necessario uno sforzo coordinato di tutti i comuni della provincia. Questo animale è un flagello per le nostre aziende». Il comune che nel 2020 ha fatto più catture è Bagnolo San Vito (più di 3.500 esemplari). Seguono Pegognaga e Borgo Virgilio. Ma ci sono quattordici amministrazioni che nel 2020 non hanno fatto catture: comuni collinari come Ponti sul Mincio, Solferino, Monzambano, Cavriana, nei quali, a dire il vero, non è mai stata segnalata la presenza massiccia dei roditori, oltre a Goito, Porto Mantovano, Mantova, Rivarolo Mantovano, Motteggiana, San Giacomo delle Segnate, Schivenoglia, Poggio Rusco, Magnacavallo e Borgocarbonara.
Racconta di danni alle colture, con perdite fino a un quinto del raccolto, Riccardo Aporti, titolare di un’azienda a Bozzolo: «Distruggono soprattutto le aree marginali dei campi, quelle vicine ai fossi. I danni maggiori li abbiamo su mais e frumento, ma mangiano anche l’erba medica. Con il mais, per esempio, rosicchiano il fusto per far cadere a terra la pannocchia: sono astute. Ma oltre a questo, ci costringono a rifare i fossati ogni due, massimo tre anni».
Stefano Ruffoni, imprenditore di Ceresara, ha rischiato grosso: «Ero fermo su un ponte con la ruspa, quando all’improvviso il terreno ha ceduto del tutto. Era pieno di buchi, che da sopra ovviamente non si vedevano. Sono stato fortunato a non farmi male». A Ceresara la situazione è critica: «In certi casi – prosegue Ruffoni – si formano delle voragini, nelle quali può quasi entrare una persona. Senza contare poi la perdita di terreno: spesso in prossimità dei fossi almeno tre o quattro metri di terra diventano inutilizzabili». Le operazioni di contenimento? «Organizzate così, sono una battaglia persa: ci sono persone che girano ogni giorno con otto o dieci gabbie, ma per ogni nutria catturata ne nascono almeno altre dieci».
Ne sa qualcosa Gianfranco Rossi, agricoltore di Asola. «Coltivo colza su trentatré ettari – racconta – le nutrie me ne hanno mangiati dieci: tutte le fasce a ridosso dei canali». Per Rossi, la palla dovrebbe passare ai consorzi di bonifica: «Dovrebbero organizzare loro le catture. Nel giro di un paio d’anni risolveremmo il problema». Intanto, su richiesta di alcuni Comuni, la Provincia organizzerà un nuovo corso di formazione per operatori volontari addetti alla cattura. Per segnalare la propria candidatura, ci si può rivolgere agli uffici di Confagricoltura entro il 26 aprile. —
I commenti dei lettori