Maratona Corneliani: nella notte una bozza di accordo
Dopo otto ore il tavolo di trattativa per il salvataggio si aggiorna al 7 aprile mattina. Testo ancora passibile di modifiche prima del tavolo con il ministro Giorgetti alle 13.30 di mercoledì in videocall
Monica Viviani
MANTOVA. Dopo otto ore di estenuante trattativa, nella notte il tavolo per il salvataggio della Corneliani è arrivato alla definizione di un testo di accordo che domani mattina, in vista del tavolo a distanza con il ministro Giancarlo Giorgetti fissato per le 13.30, potrebbe essere ancora revisionato.
Iniziato alle 15, il vertice di martedì 6 aprile era stato sospeso alle 20 per riprendere alle 21.30 ad oltranza. Presenti alla video call convocata dal Mise: i sindacati nazionali e quelli provinciali con il segretario della Filctem Cgil Michele Orezzi, affiancato nella sede della Cgil dalle rsu della casa di moda , quello di Femca Cisl Gianni Ardemagni e quello di Uiltec Uil Giovanni Pelizzoni, l'azienda rappresentata dall'amministratore delegato Giorgio Brandazza e dall'avvocato Adelio Riva, Investcorp, il direttore di Invitalia Ernesto Somma, il commissario giudiziale Luca Gasparini, la Regione, funzionari del ministero. Ci sono ancora dei nodi da sciogliere avevano fatto sapere i sindacati ai lavoratori dopo lunedì e martedì dopo cinque ore ancora non si era trovato un punto finale d’incontro. Proseguito nella notte il tavolo permanente per il salvataggio della Corneliani, aperto sabato scorso per arrivare a un accordo sindacale che salvi la casa di moda e con lei il presente e il futuro di 420 dipendenti, si è chiuso alle 23.30 passate con una prima bozza.
Sul piatto: la sorte di 150 lavoratori di cui la newco proposta da Investcorp vorrebbe fare a meno, dall’altra l’accordo del 19 novembre 2019 da cui i sindacati hanno sempre detto di voler ripartire, quello che nel confermare la centralità dello stabilimento di Mantova e delle sue maestranze aveva trasformato 130 esuberi in adesioni volontarie all’esodo incentivato e a scivoli pensionistici.
Intanto al presidio le operaie hanno atteso notizie tutto il giorno. La ventosa coda d’inverno arrivata a interrompere bruscamente questo inizio di primavera pandemica non ha però raffreddato le speranze dell’onda rossa . «Se ci fossero notizie negative, il tavolo sarebbe già saltato, io sono possibilista» le parole di Elena raccontano di questa Pasqua trascorsa come Natale, come capodanno, l’Epifania e Carnevale: nell’ansia e nella speranza. «Il procedere dei vaccini fa sperare che i consumi possano ripartire e noi siamo pronte a rimetterci in gioco con tutte le nostre competenze». La questione è che alla scadenza del tribunale ormai manca davvero poco «e dopo il 15 aprile non c’è più nulla» ricorda Monica nel raccontare che quello che a loro preme è solo «che non lascino nessuno indietro senza la sua volontà» perché «è per questo che siamo qui da 18 mesi». Perché «questa azienda l’abbiamo fatta noi, ogni passo ce lo siamo guadagnate e i soldi dello Stato devono servire per garantire un futuro qui». Perché le delocalizzazioni iniziate a metà anni ’80 «ce le ricordiamo bene». E ora per quei 150 esuberi annunciati «devono trovare strumenti meno traumatici possibili – aggiunge Giovanna – per lavoratori che hanno contribuito a rendere grande questo marchio nel mondo», per operaie «con una professionalità – sottolinea Cristina – che non può andar persa così, ma deve essere accompagnata per dare il tempo anche di trasmetterla alle più giovani».
Torneranno in presidio mercoledì 7 a partire dalle 14 per quella che si spera sia l'ultima lunga attesa di questo anno e mezzo di lotta. Quella per l'accordo del salvataggio.
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