Mantova, morti da amianto: assolti tutti gli imputati
Caso Montedison, la Cassazione conferma la sentenza d’appello: resta aperto solo il risarcimento a una vittima
Sandro Mortari
MANTOVA. Tutti assolti per gli undici morti da amianto nel petrolchimico di Mantova. Lo ha detto la Cassazione confermando la sentenza di assoluzione di tutti gli imputati (nove dirigenti dello stabilimento) emessa dalla Corte d’appello di Brescia nel gennaio scorso. La parola fine viene messa dopo nove anni di fase istruttoria e ben cinque processi e altri sette anni di dibattiti e polemiche, con sentenze che sono passate dalla condanna in primo e secondo grado all’annullamento da parte della Corte suprema e il rinvio alla Corte d’appello di Brescia, ma a un’altra sezione; nuova assoluzione fino alla conferma della Cassazione.
«Morti senza giustizia»
Per Sergio Genovesi, legale degli imputati, «la Cassazione ha chiuso la vicenda processuale dal punto di vista penale ma, inspiegabilmente, lascia aperta quella in sede civile per il risarcimento a una persona deceduta i cui familiari già sono stati risarciti dopo il primo grado». Si riferisce all’unico operaio morto la cui posizione è stata prescritta, mentre per gli altri 71 che nel frattempo si erano aggiunti nel procedimento è stato decretato che il fatto non sussiste. La sentenza della Cassazione indigna Medicina democratica e l’Associazione italiana esposti all’amianto, parti civili nel processo. «Con la sentenza della Cassazione del 7 aprile scorso – dice Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie dell’Associazione esposti all’amianto – 72 operai morti per tumori professionali al petrolchimico di Mantova resteranno per sempre senza giustizia». Definisce la sentenza «sconvolgente» sia per l’esito che per la durata del processo («vent’anni di attesa»): un fatto, aggiunge Aurora, che «rischia di ripetersi in numerosi processi in cui siamo parte civile».
vent’anni per una sentenza
La stessa preoccupazione è di Medicina democratica che in tutt’Italia sta seguendo 35 processi in corso per «difendere centinaia di lavoratori uccisi dai mesoteliomi o da altre forme di tumore». Il rischio è che la sentenza definitiva sul caso di Mantova possa avere ripercussioni sui processi in corso, a cominciare da quello della Marina Militare iniziato una quindicina di anni fa, la cui udienza è prevista a Mestre il 29 maggio. Oppure quello più vicino del Teatro alla Scala per i morti di amianto il 30 aprile, o per l’incidente ferroviario di Pioltello il 19, il 22 e 23 aprile ancora in primo grado. Per questo il presidente nazionale di Medicina democratica, Marco Caldiroli, lancia un appello: «Mai più attese pluridecennali e poi colpi di spugna come per Mantova. Non è né accettabile e né tollerabile che in vent’anni non ci sia stato modo e tempo per confermare le responsabilità della Montedison e dei suoi dirigenti, nonostante il riconoscimento da parte di diversi tribunali che i lavoratori siano deceduti perché esposti senza protezioni ad amianto e ad altre sostanze cancerogene, in quanto la relazione causa-effetto non sarebbe stata dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio». Per Medicina democratica servirebbe «un cambio di passo» nei tribunali, «nel rispetto del diritto costituzionale» per accelerare i processi.
L’annullamento
Era stata la Corte d’appello, a cui era stato rinviato il processo dalla Cassazione dopo il parziale annullamento delle condanne, ad emettere la sentenza di assoluzione. In pratica, la suprema corte aveva chiesto ai giudici della terza sezione, diversi da quelli della seconda che avevano emesso la sentenza, di “pesare” le responsabilità di ognuno dei nove imputati. In pratica, si doveva stabilire quanto ognuno avesse inciso sulla morte degli 11 operai non adottando tutte le misure di protezione dall’esposizione all’amianto. Questo perché il tipo di tumore killer, il mesotelioma, si manifesta anche a distanza di decenni da quando si è venuti a contatto con l’amianto. Le perizie tecniche non sono state in grado di stabilire quando i tumori siano insorti e l’effetto moltiplicativo che l’amianto ha avuto sui lavoratori esposti alla sostanza nociva. Di qui l’assoluzione per tutti gli imputati, tra cui uno, nel frattempo, era deceduto.
La storia
Il processo Montedison è approdato in aula nel 2010, dopo nove anni di fase istruttoria. All’ottobre 2014 risale la sentenza del Tribunale di Mantova che, in primo grado, ha condannato 12 dei 16 imputati. Nel febbraio 2016 la Corte d’appello di Brescia ha emesso una sentenza di parziale riforma della sentenza di primo grado, sostanzialmente confermando le condanne. Nel novembre 2017 la Cassazione l’ha annullata in parte con rinvio alla Corte d’appello. Il 20 gennaio 2020 la Corte d’appello di Brescia ha assolto tutti, sentenza confermata il 7 aprile scorso dalla Cassazione.
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