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Mantova, educatori in strada per vincere la droga

Un gruppo di coop in azione con una cinquantina di adolescenti. Obiettivi: prevenire bullismo, vandalismo e baby gang

Nicola Corradini
2 minuti di lettura

MANTOVA. Ai cosiddetti “ragazzi cattivi” Ivano Fossati aveva dedicato una canzone tanti anni fa. Lo sapeva, il cantautore, che vedere la realtà con i loro occhi non è facile. E lo sanno anche gli operatori che dallo scorso settembre stanno lavorando nelle strade di Mantova per agganciare quelle ragazze e quei ragazzi che rischiano di percorrere la via dell’abuso di alcol o di droghe e più in generale di oltrepassare la linea di demarcazione, spesso sfumata, tra l’esuberanza adolescenziale (che abbiamo vissuto tutti) e comportamenti devianti e pericolosi come il bullismo, i furti, il vandalismo o la formazione di vere e proprie baby gang. Lo scopo è quello di intervenire prima che avvenga questo superamento di confine.

«Ne sta emergendo una casistica interessante – spiegano gli operatori nella relazione consegnata all’assessorato comunale al welfare – ragazzi in dispersione scolastica di cui si sospetta un inizio di uso di stupefacenti, ragazze neomaggiorenni in uscita da percorsi di tutela con comportamenti sessuali a rischio, minorenni con comportamenti devianti ma che ancora non hanno avuto a che fare con le forze dell’ordine, minorenni obbligati a frequentare il Serd (ex Sert, il servizio contro le dipendenze dell’Asst) per possesso di droghe, e così via».

L’operazione si chiama “Le strade per Quoz” ed è stata elaborata dalla coop Alce Nero (soggetto capofila) con la collaborazione del centro sociale Papa Giovanni XXIII onlus, Cooperativa di Bessimo, Asst e Comune.

«Il progetto ha vinto un bando regionale, lo abbiamo adottato perché consente di prendere in carico giovani alle prese con varie forme di disagio e che certo non si rivolgono spontaneamente ai servizi – spiega l’assessore al welfare Andrea Caprini – crediamo molto in questa azione preventiva condotta da educatori specializzati che hanno molta esperienza in questo campo».

Gli educatori hanno svolto una mappatura dei principali luoghi di ritorno delle compagnie di adolescenti (ma il progetto coinvolge anche giovani di venti e più anni) in città. Ed è lì che sono andati gli educatori a conoscere i ragazzi e a farsi conoscere. Oggi sono in contatto con una cinquantina di loro. Gli operatori si muovono su un furgoncino con il logo dell’iniziativa e hanno anche un profilo Instagram per consentire approcci via social (Facebook ha un’utenza più anziana). Il punto è che un educatore non ha un approccio giudicante e non deve usare forme di linguaggio formali o peggio burocratiche.

Chi fa questo mestiere deve conoscere a menadito quella che un tempo avremmo definito “cultura giovanile”. In questi mesi, spiegano gli operatori,«abbiamo accompagnato quattro ragazzi in percorsi di accesso a servizi del territorio. Per uno abbiamo creato il canale di comunicazione con l’agenzia del lavoro di Solco, per tre abbiamo curato la partecipazione ad attività di animazione pomeridiana dove possano trovare una situazione educativa idonea ai propri bisogni. In particolare sono stati accolti nei laboratori dello spazio diurno sperimentale il Goliardo».

Il finanziamento regionale finisce il 31 dicembre. «Questo progetto però deve andare avanti, per questo contiamo su un nuovo bando» dice Caprini.
 

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