I prati stabili stanno morendo: danni gravi per gli allevamenti del Mantovano
A rischio il terzo e quarto sfalcio. In pericolo la sopravvivenza delle essenze. Allarme del settore lattiero caseario per le conseguenze sulla produzione di fieno
Sabrina Pinardi
MANTOVA. Il terzo e il quarto sfalcio sono a rischio, così come la sopravvivenza di parte delle essenze. Il sistema dei prati stabili della Valle del Mincio, circa 750 ettari tra l'Alto Mantovano e la città, è in pericolo: la causa è la mancanza di acqua, con le riserve che stanno per finire e la pioggia che non accenna ad arrivare. Il danno economico potrebbe essere importante, perché il 20% del Grana Padano dell’intero consorzio arriva da qui e le vacche sono alimentate a fieno (in alcune stalle in maniera esclusiva, per la produzione della selezione fieno) e mais. Ma da mettere in conto ci sarebbe anche un danno ambientale: le essenze erbacee stroncate dal caldo impiegheranno anni a rigenerarsi.
«Finora la raccolta è stata buona: gli sfalci di maggio e giugno sono andati bene, ma ora le temperature così alte e le probabili riduzioni della disponibilità di acqua ci preoccupano molto. Ci stiamo preparando al terzo sfalcio, che comincerà, a scaglioni, la prossima settimana: temiamo che la produzione sarà compromessa» spiega Stefano Pezzini, presidente della Latteria San Pietro di Goito, capofila del Pia (Progetto integrato d’area) che valorizza questi territori. Pezzini mette in guardia anche sui rischi per la biodiversità: «Nei prati sono presenti più di sessanta essenze, che nascono, crescono e si propagano in diversi periodi della stagione. La carenza di acqua in questa fase vuol dire impoverire i prati anche per gli anni futuri. Per il mais è diverso: se il trinciato va male quest’anno (l’acqua potrebbe venire a mancare nell’ultima fase di maturazione, ndr), l’anno prossimo si potrà recuperare». Il prato ha bisogno di molta acqua: senza, va in crisi. «È nato in questa zona - spiega Carlo Caleffi, geologo che ha collaborato al Pia - perché un tempo, prima che fosse bonificata, quest’area era paludosa».
L’irrigazione dei prati è a scorrimento, una tecnica spesso messa in discussione perché comporta l’utilizzo di grandi quantità di risorsa. «Grazie agli studi legati al Pia, è emerso, però, che non si tratta di spreco, perché a valle l’acqua viene raccolta e distribuita nella rete e, inoltre, il prato trasferisce l’acqua alle falde, che arrivano fino al Po. D’estate, quando si irriga, la falda si alza di 70/80 centimetri e questo innalzamento, distribuito su tutta la Valle del Mincio, come riserva coprirebbe il fabbisogno di 250mila abitanti equivalenti». I prati sono nati in maniera spontanea grazie all’acqua, ma è l’irrigazione che, nel corso degli anni, li ha resi così come sono ora. «Da sempre si lavora sulla gestione dell’acqua, per portarla e preservarla» racconta Paolo Galeotti, sindaco di Marmirolo, il comune con la più alta percentuale di prati stabili su superficie comunale (47%), che insieme con Goito ospita più dell’80% dei prati permanenti dell’area. «Finora i consorzi di bonifica hanno fatto un ottimo lavoro. Se l’acqua c’è ancora, è perché è stata gestita in maniera corretta. C’è, quindi, preoccupazione per la siccità ma c’è anche fiducia nei consorzi, che hanno a cuore i nostri territori». Il futuro? «Rispetto al Garda dobbiamo farci forza, perché il mondo agricolo deve continuare a essere tutelato. E dobbiamo difendere l’irrigazione a scorrimento, magari trovando forme migliori di programmazione».
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