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la situazione nei campi assetati

Meloni e pomodori in bilico per la siccità: si teme per il secondo raccolto

Le coltivazioni rispecchiano le difficoltà territoriali dovute alla scarsità o meno di acqua. Ma si guarda anche alle difficoltà di alimentare il bestiame

Sandro Mortari
2 minuti di lettura

MANTOVA. Se manca l’acqua, addio a molte produzioni agricole. Il timore in tutto il Mantovano è questo, ma la realtà è meno disastrosa di quanto si pensi. Almeno per ora. «Dal punto di vista ortofrutticolo fino ad oggi non abbiamo avuto alcun problema visto che i canali sono invasati e ci consentono di irrigare» afferma Roberto Nadalini di Sermide, uno dei principali produttori di meloni e angurie.

«I consorzi Terre dei Gonzaga e Burana non ci hanno fatto mancare l’acqua. I problemi – aggiunge – riguardano le colture estensive. Qui sì che abbiamo problemi di irrigazione, che si aggiungono a quelli causati dall’aumento del costo dei carburanti. Soia, erba medica e sorgo: se non vengono irrigati, si perde il 50% della produzione. Per meloni e cocomeri, se non piove abbiamo comunque un paio di mesi di autosufficienza idrica». In altre zone della provincia dove si produce il melone la situazione è più delicata. «A quanto mi risulta – spiega Mauro Aguzzi, presidente del consorzio del melone mantovano Igp – i produttori di altre zone come il Viadanese e da Mantova in su, sono più in difficoltà di noi della Bassa sul fronte idrico. Noi l’acqua l’abbiamo, ma se ci saranno limitazioni come ho sentito dire, si rischia di compromettere i raccolti di agosto e settembre».

«Anche il pomodoro ha una disponibilità idrica sufficiente» fa eco Corrado Ferrari che lo produce nella sua azienda di Castel Goffredo. Oggi, poi, a Casalmaggiore, dove si concentra la metà della produzione nazionale, parte in anticipo la raccolta per evitare che il caldo e la siccità deteriorino il prodotto.

«Siamo preoccupati per i secondo raccolti – dice Ferrari – finora la situazione è sostenibile, ma se non piove nel giro di 20-25 giorni... Va poi considerato che ci sono produttori lontani dalle bocche principali di approvvigionamento idrico e questi stanno soffrendo di più. Tutti dobbiamo anche fare i conti con le temperature notturne in aumento, e questo fa sorgere altri problemi». A soffrire sono anche le risaie. «Da noi in Sinistra Mincio, verso Verona – dice Emanuel Lugli che produce riso a Porto Mantovano – l’acqua c’è ancora. La prendiamo dal Garda e il deflusso è ancora di 70 metri cubi al secondo. Mi risulta, invece, che la situazione sia difficile da Roncoferraro a Ostiglia. Lì c’è più scarsità d’acqua».

Questo è un discorso in generale; nel dettaglio, la situazione varia da coltura a coltura: «Chi deriva l’acqua dal Garda e dal Mincio ha garantiti i primi raccolti di mais – dice Lugli – mentre i secondi sono a forte rischio. Per quanto riguarda il riso, la raccolta è tra settembre e ottobre: siccome manca ancora tanto tempo, la situazione è drammatica perché non sappiamo che cosa accadrà e se l’acqua ci sarà. E non è solo un problema di raccolti: la scarsità d’acqua influisce anche sull’alimentazione del bestiame: il rischio è che il prossimo anno non abbia la sua base alimentare, e cioè il trinciato di mais». 

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