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Ex raffineria Ies di Mantova: slitta di tre anni lo smantellamento di tutti gli impianti

Scadeva oggi 5 settembre 2022, l’azienda ottiene dal ministero la proroga al 2025: «Tempi più lunghi per Covid e rincari delle materie prime»

Monica Viviani
2 minuti di lettura

MANTOVA. Altri tre anni di tempo a Ies per completare lo smantellamento degli impianti un tempo utilizzati per la lavorazione del petrolio greggio. Autorizzata il 5 settembre 2019 da un decreto del ministero dello Sviluppo economico, la dismissione della ex raffineria e la sua definitiva trasformazione in deposito di oli minerali doveva concludersi «nel minor tempo possibile – recitava il via libera del governo – e, in ogni caso, non oltre tre anni dal presente decreto». Vale a dire: oggi 5 settembre 2022. Richiesta da tempo e a più riprese dell’azienda per le difficoltà legate prima al Covid e poi ai rincari delle materie prime, l’8 agosto è arrivata dal ministero della Transizione ecologia, ora competente in materia, la determina che autorizza la proroga del termine di ultimazione lavori fissando la nuova scadenza al 5 settembre del 2025. Fra tre anni esatti.

Ritardi per Covid e rincari

Autorizzato prima che esplodesse l’emergenza pandemica, lo smantellamento degli impianti ha dovuto fare i conti, come spiegato da strada Cipata nella sua ultima istanza inviata al Mite per la richiesta di proroga, prima con il rallentamento delle normali attività lavorative dovuto all’impatto del Covid-19 e poi con la «turbolenza dei mercati delle materie prime» registrata nell’ultimo anno che ha costretto le ditte che partecipavano alla gara d’appalto per gli smantellamenti degli asset, ad allungare i normali tempi di presentazione delle offerte per evitare a loro volta il rischio di esposizione per una possibile errata quotazione di materie prime come ferro, acciaio, rame, alluminio.

Ulteriori ritardi. a detta dell’azienda, si sarebbero poi sommati per l’ottenimento delle autorizzazioni locali necessarie per procedere con l’avvio dei lavori. L’ultimo sollecito a Roma inviato da strada Cipata risale al 5 agosto scorso e di lì a tre giorni è arrivato il via libera che posticipa la fine lavori al 2025.

Impianti fermi dal 2014

Insomma ci vorranno altri tre anni perché cambi lo skyline del lago Inferiore senza più quell’agglomerato di camini, torcia, tubi e serbatoi che in passato servivano per raffinare il greggio in arrivo via oleodotto da Porto Marghera. Era il 18 agosto del 2014 quando Ies comunicò di aver terminato la lavorazione del grezzo residuo stoccato in strada Cipata e la raffineria venne spenta definitivamente nonché messa in sicurezza lasciando il posto all’attuale polo logistico italiano del gruppo ungherese Mol. Di lì a qualche mese venne aperta la conferenza di servizi per la trasformazione dello stabilimento in deposito di oli minerali. Dopo cinque anni di riunioni, carte, pareri tecnici, il lungo iter autorizzativo si era concluso il 5 settembre 2019 con il rilascio da parte del Mise del nulla-osta alla conversione e quindi alla dismissione di quella parte di stabilimento adibita alla lavorazione del greggio, dettandone tempi: tre anni.

Il via libera arrivato nel 2019

Si era quindi aperta la fase delle attività preliminari all’avvio dei cantieri con studi di fattibilità, richieste di permessi, verifiche strutturali e di sicurezza. In quell’occasione l’azienda aveva dichiarato che i lavori avrebbero comportato «per un periodo previsto di sei anni» anche un «ulteriore sviluppo e ammodernamento del polo logistico». Partite le prime dismissioni di alcuni serbatoi e impianti fuori terra, il freno imposto dalla pandemia e i successivi i rincari delle materie prime hanno fatto saltare tutti i piani.

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