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A cosa siamo disposti a rinunciare

Enrico Grazioli
1 minuto di lettura
Nicola Marfisi°2021 

Al Festivaletteratura abbiamo ascoltato Francesca Mannocchi, la più apprezzata inviata sul fronte ucraino e non solo, chiederci a cosa saremmo disposti a rinunciare: di fronte a un popolo aggredito, al martirio e a ogni sacrificio di chi vive lì, alle conseguenze della guerra, ma prima ancora di fronte alla sfida vitale per salvare libertà e autodeterminazione.

Vale lì come altrove, chiederselo. Vale una preziosa ciocca di capelli graziosi tagliata per solidarietà verso le ragazze straziate in Iran, vale tutto quello che non abbiamo fatto per le donne afghane di cui parlavamo un’estate fa e poi chi si è visto in tv si è visto, comincia un’altra serie. Volete la pace o il condizionatore acceso?, chiedeva Draghi in uno dei suoi rari momenti di efficacia comunicativa. Volete il nucleare o questa bolletta della luce?, chiede già qualcuno.

Vogliamo, dopo mesi aggiunti ad anni di Covid, lasciarci sfiorare dal dubbio che una crisi senza precedenti recenti ci chiede prepotente di modificare almeno in parte i nostri usi e costumi, abusi e consumi? Il benaltrismo risponde che è colpa dell’Europa, della speculazione (sorella maggiore della burocrazia come sintesi sbrigativa di ogni male), forse per una volta almeno non del Pd ( non accanitevi, poveri) o degli immigrati. Oppure che c’è una trasformazione culturale da fare: cioè quella roba che spesso nella storia è iniziata anche grazie a gesti simbolici, non risolutivi in sé, quasi ovvi, ma portatori di un significato.

Per questo se un gruppo di sindaci mantovani decide di spegnere le luminarie natalizie pubbliche mentre i concittadini non sanno come pagare luce e riscaldamento, risparmiando soldi di tutti, va detto loro che fanno bene. E molto, nel loro piccolo. Per rispetto del Natale (ma qui il discorso si complica). Ma soprattutto per il coraggio: di sfidare un luogo comune, rischiando che svaniscano stracci di consenso; di rinunciare, appunto, a qualcosa per una ragione diversa, forse superiore.

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