Le guerre del calcio tra sport e finanza, come si conciliano profitto e passione
Il giornalista del Sole 24 Ore Marco Bellinazzo ha presentato al centro Baratta il suo ultimo libro sugli affari delle corporation
Alberto Sogliani
Non è più tempo di calcio romantico, in particolare nel nostro paese dove la cultura sportiva di base è bassa. In un calcio sempre più dominato da un oligopolio comandato da russi, arabi e americani che guardano con poco interesse all'Italia. Tuttavia Marco Bellinazzo, che ieri nella sala delle Colonne della biblioteca Baratta ha presentato il suo ultimo libro "Le nuove guerre del calcio. Gli affari delle corporation e la rivolta dei tifosi" nell'ambito della rassegna "A tutto sport", ritiene che ci possa essere spazio per la fiducia. Costruendo un nuovo football che non rinneghi se stesso, conviva con la modernità affrontando i conflitti industriali e geopolitici che lo attraversano. Sapendo conciliare la ricerca del profitto con il bisogno di tenere accese le passioni.
Il giornalista del Sole 24 Ore, ha presentato conti, costi e ricavi di un calcio ormai diventato una lobby in mano a poche società: «È un problema di redistribuzione dei profitti che portano a casa i grandi club – ha spiegato Bellinazzo – che in definitiva si dividono tra di loro gli introiti lasciando le briciole alle altre società. Ma in America, al contrario, c'è una sorta di salvadanaio al quale possono attingere anche le più piccole. Il principio di redistribuzione sta alla base di qualsiasi successo sportivo, dunque non va mai inaridito. Altrimenti come vediamo da anni le squadre che vincono sono le stesse, spegnendo la passione della base».
Di qui, secondo l’analisi di Bellinazzo, lo schierarsi pro o contro Uefa o Fifa e a favore oppure no la Superlega europea. «In Italia una volta c'erano i mecenati – ha concluso – ora si è fatta largo l'idea che investire nel calcio sia una perdita sicura. Mentre invece tra diritti tv e sponsorizzazioni, dato che poi i contratti vengono stabiliti dalle società, se i conti fossero fatti bene sarebbe tecnicamente impossibile. Il nostro calcio ha perso un'occasione post-Covid quando avrebbe dovuto richiedere finanziamenti per la base. Convincendo l'opinione pubblica delle famiglie che non erano soldi dati solo per i ricchi».Alberto Sogliani
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