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Rinascere dopo la violenza, il senso del lavoro per le donne

A Mantova diciassette incontri da marzo a ottobre per ritrovare autostima e motivazione

Igor Cipollina
Aggiornato 1 minuto di lettura

L’ambizione è ricostruire sulle macerie dell’autostima, ridotta a brandelli da uomini feroci. Una sorta di ristrutturazione emotiva, dei propri desideri e dei propri talenti, per trovare un’altra collocazione nel mondo e nel mercato del lavoro. Così il gruppo motivazionale “Siamo al centro”, che la cooperativa sociale Centro Donne Mantova sta mettendo insieme: articolata in diciassette incontri – dal 23 marzo al 5 ottobre con una pausa estiva – l’attività fonderà l’esperienza del progetto Milena (attualmente sospeso per mancanza di fondi) alla metodologia già testata dal centro antiviolenza gestito dalla stessa cooperativa.

A chi si rivolge? «Donne di ogni età che vivono o hanno vissuto situazione di violenza, con lavori precari oppure disoccupate, che vogliono misurarsi con un nuovo progetto professionale» rispondono le responsabili del laboratorio, Claudia Forini, counsellor professionista, e Cristina Ferrari, psicologa.

Il gruppo è in via di formazione, ci sono ancora posti disponibili e per aderire è necessario sostenere un colloquio conoscitivo da concordare scrivendo a formazione@centrodonnemantova.it. La partecipazione è gratuita e la selezione necessaria a sondare la robusta delle intenzioni, visto l’impegno richiesto. Il gruppo si riunirà ogni giovedì, dalle 14.30 alle 18, nello spazio Lia (l’acronimo sta per lavoro, informazione e ascolto) del Centro per le famiglie di via Ariosto.

L’attività è proposta nel perimetro del progetto Clara, finanziato da Regione Lombardia e con il Comune di Mantova in veste di capofila. Cosa prevede il laboratorio? «Il percorso è basato sull’empowerment, il processo di riconquista di sé e del proprio valore per riguadagnare fiducia, autostima e motivazione – rispondono Forini e Ferrari – L’attività intende sostenere le donne nel rafforzamento del proprio potere personale, perché possano riprogettare il futuro in funzione dei desideri e delle competenze».

Il rammendo della consapevolezza demolita dai maltrattanti (così in gergo i maschi violenti) sarà incoraggiato dal confronto partecipato: «Il percorso ruota intorno alla relazione e alla comunicazione all’interno del gruppo» ribadiscono le responsabili. Difficile elaborare un vissuto di violenza, scavando a mani nude tra memorie affilate come schegge, ma la condivisione con altre donne con traumi e ferite simili diluisce l’angoscia nella coscienza di non essere le sole ad aver patito la ferocia.

L’elaborazione della violenza non esaurirà l’attività del gruppo, ma servirà a riconnettersi alle propri aspirazioni per sviluppare un progetto professionale, orientandosi tra le diverse opportunità del territorio. Sarà un viaggio all’interno di sé: da sopravvissute ad artefici del proprio orizzonte.

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