Consumi a rilento e prezzi alti: per la frutta non è stagione
Indagine di Coldiretti e Confagricoltura. Le temperature basse frenano gli acquisti; rese in calo per grandine e forti piogge. I prezzi all’ingrosso non crescono. Gli agricoltori denunciano: «C’è chi specula»

Non è soltanto un prodotto di stagione, una celebrazione dell’estate (quelle meteorologica inizia proprio oggi), ma è anche uno degli elementi cardine della super-celebrata dieta mediterranea. Eppure, per la frutta sembra proprio non essere stagione, fra consumi che viaggiano a rilento e costi di acquisto infiammati da inflazione e speculazione. «Il tutto - dice Coldiretti Mantova - proprio quando i prezzi pagati agli agricoltori stentano a decollare e l’instabilità meteo non lascia intravvedere un rilancio dei consumi». I prezzi all’ingrosso della frutta, che rappresenta il ricavo della vendita da parte dei produttori, non sono elevati.
I prezzi all’ingrosso
I meloni – rileva Coldiretti Mantova sulla base di un sondaggio tra i propri associati – si vendono all’ingrosso a 1,20 euro al chilo, mentre nella grande distribuzione si trova a 2,20 euro circa. Il melone mantovano Igp, invece, si trova sui banchi della Gdo a 4,60 euro e viene acquistato dai grossisti a prezzi fra i 2 e i 3 euro al chilo. Le ciliegie sono il vero oro rosso dell’estate. Vendute dai produttori sui mercati generali intorno ai 4,50 euro al chilo, vengono vendute a quasi 11 euro in Gdo e si arriva a 15-16 euro dal fruttivendolo. Per le albicocche il passaggio pesa ancora di più: 2 euro al chilo ai mercati generali, 5,90 euro nei negozi di prossimità.
La produzione
A spingere l’effetto inflazione c’è anche una minore produzione, legata a un andamento stagionale non sempre facile. Fra marzo e aprile, infatti, si sono avvicendate grandinate, gelate e poi ancora altre grandinate e, in maggio, sono arrivate le piogge intense. Eventi che si sono verificati in maniera disomogenea, ma che hanno contribuito ad abbassare le rese.
Le testimonianze
Il clima pazzo (con i cali produttivi che ne derivano) è tra le cause dei rincari anche per Confagricoltura. «La produzione esterna, al di fuori delle reti antigrandine – spiega Stefano Ruffoni, produttore di ciliegie del distretto di Ceresara – è andata completamente perduta, e temo che i danni si possano ripercuotere anche nel prossimo anno. Si sono salvate solo le varietà tardive, ancora verdi al tempo della pioggia, ma parliamo di due quintali sui 100 ipotetici». E dove non ha colpito la grandine, ci ha pensato l’acqua: «La grande quantità di acqua ha causato danni ai frutti nell’ultimo stadio di maturazione, crepandoli tutti una volta asciutti». E chi si è salvato dall’acqua, come Pietro Bonatti, un ettaro di pesche a San Giovanni del Dosso, ha avuto problemi con le temperature: «A far danni qui è stata la gelata del 4 aprile – spiega – che mi ha fatto perdere oltre il 90% del raccolto, dato che le piante erano in piena fioritura».
Le speculazioni
Le abbondanti piogge hanno causato cali di produzione diffusi, e le alluvioni in Romagna (zona a forte vocazione frutticola) hanno portato a un’ulteriore carenza di prodotti sui mercati, e a un conseguente innalzamento dei prezzi. «La congiuntura globale degli ultimi tre anni – spiega l’ufficio tecnico di Confagricoltura – non aiuta. La frutta costa in molti casi il doppio rispetto a pochi anni fa. Va detto che c’è anche speculazione, e tutto ciò va a discapito del prodotto italiano».
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