Creature irreali, con corpi adornati da abiti lucenti, macchinose cinture-bustier, sofisticate mantelle in bilico tra passato e presente. C’è un lato della moda d’inverno che sembra alludere ad atmosfere fiabesche ai confini con il surreale.
Ricami, intarsi, complesse lavorazioni fanno ripensare a certe stravaganze di Luisa Amman, ricca ereditiera divenuta nel 1900 moglie del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino. Più nota come la marchesa Casati, Luisa, definita da Gabriele D’Annunzio “l’unica donna che mi abbia sbalordito”, fece di un guardaroba opulento e iper-decorato uno dei segni ricorrenti del suo eccentrico stile. A partire dall’abito d’argento commissionato allo stilista-sultano Paul Poiret che indossò in una notte di luna piena del settembre 1913, come documenta un telegramma che inviò a Gabriele D’Annunzio: “Venga la sera del plenilunio, avrò il costume d’argento”.
Finché non arrivò Giovanni Boldini. Il pittore ferrarese che nel 1908 ritrasse in nero la Divina Marchesa con levriero al guinzaglio in una mano ed enorme mazzo di violette nell’altra, nel 1911 la immortalò con un seducente abito piumato.
Ecco, in bilico tra gli onirici look della marchesa Casati e gli scintillanti costumi creati da Adrian – immaginifico costumista della Metro Goldwyn Mayer – per Greta Garbo nelle vesti di Mata Hari (1933), l’ultima moda sembra tenere conto delle raccomandazioni di Diana Vreeland. La temuta direttrice di Vogue America era infatti convinta che “l’idea deve essere quella di partire dall’esagerazione”.
È così che l’occhio vaga dagli abiti scintillanti come specchi di Marni, a quelli d’oro liquido di Giambattista Valli per arrivare a quelli di Valentino che riportano alla memoria atmosfere da “specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame” di Biancaneve.
Da Marni a Christian Dior le passerelle si animano di oro, corpetti lavorati, ricami e chi più ne ha più ne metta. Ma senza mettere da parte stile e buon gustoParola d'ordine: eccesso. Così la moda Iper-Décor si ispira a Mata Hari
Ma quando si parla di stravaganza e iper-décor, la prima a venire in mente è Elsa Schiaparelli, la couturière italiana che a cavallo tra le due guerre, rese l’eccentricità il fulcro del suo stile particolarissimo fatto di materiali high-tech e avveniristici tessuti che riproducevano, di volta in volta, l’effetto del vetro o della corteccia. Complice uno straordinario senso del colore, Schiaparelli creò il rosa shocking, a cui avrebbe poi legato per sempre il suo nome. Battezzò infatti così il suo profumo più famoso e le sue memorie (Shocking Life, 1954) dove scrive: “Per costruire una nuova eleganza si è a volte obbligati a infrangere le regole che altri hanno fissato prima di noi”.
Un principio tenuto a mente da Daniel Roseberry, immaginifico direttore creativo della maison ‘Schiap’ che alla domanda “Cos’è Schiaparelli?” ha risposto “una dedizione all’inaspettato, all’esuberanza e alla sperimentazione”. E cimentandosi in un esercizio virtuoso in cui lo chic confina pericolosamente con il kitsch, ha costruito una nuova estetica.