Quando uscì il primo numero di Ms. Magazine, nel lontano 1972, il famoso anchorman americano Harry Reasoner disse: «Tra sei mesi non avranno più niente da dire». Non solo Reasoner si dovette scusare, ma anche ricredere: da allora sono passati 50 anni e Ms. continua a essere la voce del movimento femminista negli Stati Uniti e oltre.
Fu la giornalista e scrittrice Gloria Steinem, insieme a un gruppo di altre attiviste, a insistere perché si realizzasse un magazine “per le donne e controllato dalle donne”. «Un’idea nata per disperazione», dice oggi lei stessa, in occasione di questo speciale compleanno. «Cercavamo un modo per parlare con onestà della nostra esperienza e dei temi che ci riguardavano». Molestie sessuali, parità salariale, aborto, legge sulla parità di genere, violenza domestica, assistenza all’infanzia, «e non i soliti consigli di bellezza e per la pulizia della casa», aggiunge. In pochi giorni le 300mila copie stampate andarono esaurite e dal luglio di quell’anno il progetto editoriale diventò un mensile. Da allora Ms., oggi in edizione quadrimestrale, non ha mai smesso di essere a fianco delle donne e delle loro battaglie. d ne ha parlato con Katherine Spillar, direttrice esecutiva della rivista dal 2005 e direttrice esecutiva della Feminist Majority Foundation, ovvero l’editore del periodico.
Ms. Magazine andò in stampa per “aiutare le donne ad avere il controllo della loro vita”. Ma nonostante i progressi fatti in 50 anni, osserviamo come sia ancora difficile oggi per le donne esercitare quel controllo. Perché, secondo lei?
«È innanzitutto una questione di potere, di cui beneficiano coloro che stanno in cima a un sistema gerarchico e patriarcale. Discriminando le donne, controllandole, si evita che diventino una minaccia per il sistema. Così in giro per il mondo assistiamo ancora alla negazione dei diritti di riproduzione, di accesso all’istruzione, e altre discriminazioni che ci confinano all’eterno ruolo di caregiver. Lo si vede in modo chiaro in situazioni estreme come l’Afghanistan, ma è un modello che si può osservare ovunque. Un sistema sociale così strutturato non lascia alle donne molta scelta. Se non continuare a lottare».
Le battaglie femministe degli ultimi decenni hanno portato i frutti che il movimento si aspettava?
«Sono stati conquistati diritti fondamentali che negli anni Sessanta e Settanta non avevamo e negli ultimi decenni è evoluta la cultura della parità, in alcuni luoghi di più, in altri meno. Credo che si possa affermare che oggi la maggioranza della gente concordi sul fatto che le ragazze hanno diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria, che la violenza di genere sia un crimine e che dobbiamo essere pagate come gli uomini. Tuttavia, è una cultura che si evolve lentamente. Gloria Steinem dice sempre: la vera uguaglianza sarà realizzata quando gli uomini avranno un ruolo maggiore in casa e le donne un ruolo maggiore fuori casa».
Bisogna tenere sempre alta la guardia perché anche i diritti acquisiti rischiano di essere erosi?
«Sì, ma ci deve rincuorare l’idea che abbiamo fatto dei progressi. Le sfide si affrontano anche con la cultura, l’istruzione, l’informazione. Unite si contribuisce al cambiamento. Pensiamo quanto sia stato determinante il voto delle donne nelle ultime elezioni presidenziali Usa. Questo è potere, dobbiamo imparare a usarlo insieme per progredire. Abbiamo vinto tante battaglie e per questo assistiamo ovunque a nuovi attacchi violenti contro le donne e i loro diritti».
Cosa la preoccupa di più negli Stati Uniti e nel mondo?
«Il diritto all’aborto, che vediamo messo in dubbio, e che è ancora o è tornato illegale in molti Paesi, il tasso di mortalità delle donne incinte, la violenza contro le donne, un crimine troppo spesso considerato accettabile. Dopo un secolo di battaglie finalmente gli Usa hanno una legge che sancisce a livello costituzionale la parità di genere (l’Equal Rights Amendment, ratificato a gennaio, ndr), adesso chiediamo che venga fatta rispettare. Poi, mi preoccupano la povertà e la guerra, in questi scenari i primi diritti che vengono cancellati sono quelli delle donne».
Insieme a Gloria Steinem, firme come Alice Walker, Isabella Allende, Yoko Ono, Angela Davis, Dolores Huerta…
«Gloria è stata la calamita che ha messo tutto questo insieme, con una determinazione straordinaria. È rimasta alla guida di Ms. per 15 anni e oggi è consulente editoriale. Ma ognuna di loro ha contribuito a raggiungere un’audience più ampia e a far crescere il movimento. Quando è nato il magazine solo il 30% delle donne si dichiarava “femminista”, poi il movimento si è allargato a ogni età e razza, oggi negli Stati Uniti oltre il 60% delle donne si definisce tale. E anche il 40% degli uomini».
Cosa significa essere femministi oggi?
«Credere nell’uguaglianza di genere. Nell’uguaglianza legale, economica, politica. Femminista è chi difende questa uguaglianza. Il femminismo non è solo un fatto occidentale, ci sono movimenti femministi indigeni in ogni parte del mondo, persino in Paesi dove le donne sono così oppresse che dichiararsi femminista significa macchiarsi di un delitto capitale».
Durante la pandemia avete riproposto, rivisitandola, la prima copertina di Ms. in cui era raffigurata la divinità hindu Kali, incinta e con otto oggetti diversi – uno per ogni mano – come simbolo della condizione della donna. È stato necessario tornare indietro?
«Sì, ma abbiamo fatto due modifiche fondamentali. La prima è che questa volta al centro della copertina c’è una donna nera impegnata a reggere nelle mani tanti aspetti della sua vita: un neonato, un computer, un detersivo, la spesa, la cura degli anziani e così via… Le donne afrodiscendenti negli States sono le più colpite dagli effetti economici e sociali del Covid. La seconda modifica riguardava il destinatario della nostra riflessione. Se la prima copertina del 1972 titolava: “Il momento della verità della casalinga”, sollecitando le donne a una riflessione sulla loro condizione, la copertina del 2021 diceva: “Il momento della verità del Paese”. Sono passati 50 anni, le donne devono ancora districarsi tra mille responsabilità avendo il carico maggiore della cura dei figli e della casa. Ma oggi sappiamo che è una responsabilità di tutti, non più solo delle donne. Siamo contente che Biden l’abbia capito, lanciando il piano Build Back Better, con un’attenzione al welfare e ai servizi sociali».
“Ms. è più di un giornale, è un movimento”, affermate con orgoglio.
«Abbiamo offerto una prospettiva diversa da cui guardare il mondo: la prospettiva delle donne. Ms. ha parlato di temi per cui prima non esisteva nemmeno una definizione, di crimini che non erano considerati tali. Ha creato una comunità fatta di generazioni diverse, inclusiva e diversa. Oggi siamo concentrate a mantenere la luce accesa sui problemi ancora presenti, costruendo però il movimento del futuro. Per questo Ms. oggi è importante come 50 anni fa».