Se fossimo tra le pagine di Luncheon, probabilmente quest’intervista si sarebbe tenuta intorno a un tavolo. Mi sarei seduta insieme a Frances Armstrong-Jones, co-fondatrice del magazine, in un ristorante londinese – magari il The French House, uno dei suoi preferiti –, avremmo entrambe ordinato bistecca, patatine e budino, e avremmo iniziato a parlare del suo progetto, ma anche di noi, di vita, bellezza. Perché le conversazioni “rubate” durante un pranzo sono tra i marchi distintivi di Luncheon. Memorabile quella tra Paolo Roversi, il presidente di Comme des Garçons Adrian Joffe, e l’head artist Julien d’Ys, riuniti a Parigi, nello studio del fotografo con un catering di Rose Bakery, la deliziosa eatery parigina fondata proprio dalla sorella di Adrian. Memorabile anche il pranzo allestito in giardino con Margot e Fergus Henderson, la coppia che ha rivoluzionato la cucina britannica, riportando gli inglesi ad amare le proprie radici (letteralmente) e gli arrosti. E ancora, la reunion dell’artista Kerry James Marshall, con la moglie Cheryl Lynn Bruce, attrice, regista e scrittrice e Angela Choon, senior partner della galleria David Zwirner, al Rochelle Canteen all’Ica di Londra. Il risultato sono insomma sempre pagine memorabili, in cui contenuti e immagini si susseguono seguendo un filo emotivo che trascende linee editoriali rigide, a favore di una dimensione spontanea della narrazione, proprio come avviene tra i commensali riuniti a una tavola.
Luncheon nasce sei anni fa, dalla mente di Thomas Persson (che ha anche firmato il redesign di questa rivista) e Frances, che oggi porta avanti il progetto da sola. Figlia d’arte (il padre era il celebre fotografo Tony Armstrong-Jones, Lord Snowdon), è ovviamente cresciuta in un ambiente creativo, tra riviste patinate e libri di fotografia. Ha iniziato a fare esperienza a Parigi, lavorando per molti anni al fianco di Paolo Roversi, per poi tornare a Londra e dedicarsi all’archivio paterno. L’incontro con Thomas segna l’inizio di una proficua collaborazione, a cominciare da Acne Paper, di cui Thomas era (ed è) sia direttore che creative director, fino alla realizzazione dei due libri dedicati al lavoro del padre di Frances. Luncheon è nato dal desiderio, condiviso da entrambi, di fondare un magazine stampato su una carta preziosa, che contenesse curiosità culturali, «che guardasse al futuro ma anche al passato». Tanta moda e arte certo, ma anche poesia, scrittura creativa, fotografia e dialoghi legati al cibo ma non solo. Oggi Luncheon continua ad affermarsi come un progetto editoriale senza tempo, un oggetto da collezione più che una semplice rivista. Come di rito, il nuovo numero è stato lanciato al Dover Street Market di Londra lo scorso otto dicembre. In copertina, due opere create dagli artisti Rosemarie Trockel e Cary Kwok, una cover moda scattata da Tim Gutt, con lo styling di Léopold Duchemin e un dipinto di Ruskin Spear del 1959.
Da dove nasce la sua fascinazione per la tavola?
«Non mi interessa tanto il cibo quanto l’incontro tra persone, la condivisione, la conversazione, lo scambio. Mio padre era un fotografo, realizzava soprattutto ritratti e il suo studio era a casa nostra. Dopo gli shooting, salivano tutti in cucina, mia madre serviva un pranzo semplice ma accompagnato da molto vino. Io ero l’unica bambina, adoravo osservare tutte quelle persone e ascoltare i loro discorsi».
Perché quel nome, Luncheon?
«Ci parve un modo molto elegante per dire pranzo senza dire pranzo».
Come è nata l’idea della rivista?
«Volevamo creare un magazine che affascinasse il lettore con spunti culturali curiosi. Io e Thomas abbiamo lavorato insieme ai primi sei numeri, poi ho iniziato a occuparmene da sola».
Qual è la filosofia che la guida?
«È una rivista culturale che invita creativi impegnati in settori diversi a curare servizi e articoli focalizzati su una certa idea di cibo e di condivisione. Ma ciò che lo caratterizza è lo spirito gioioso, irriverente, conviviale, ironico. L’umorismo è un fattore fondamentale».
Da dove arriva l’ispirazione per un nuovo numero?
«Il filo conduttore si rivela man mano che il numero si evolve. Ciascuna edizione di Luncheon finisce sempre per riflettere un momento particolare della mia vita, proprio come un diario. È concepito come un menu, con la suddivisione in capitoli e le pause, come quelle che si fanno tra le portate di un lungo pranzo».
Qual è il punto di incontro tra cibo e arte?
«Credo che sia il modo in cui le persone si approcciano alla propria vita. Si può essere un cuoco e condurre un’esistenza creativa, tanto quanto un artista, proiettando idee, emozioni e convinzioni nel proprio lavoro».
Come si è evoluto nel corso degli anni?
«Più la rivista si faceva conoscere, più le mie e-mail per cercare di convincere i collaboratori a farne parte si accorciavano. Mi piace che in ogni numero ci sia una storia legata a una città o a un luogo diverso. I chioschi Luncheon al Dover Street Market di Londra e nel distretto Ginza di Tokyo sono stati una parte fondamentale dell’identità e dell’evoluzione del giornale e sono molto grata per il loro sostegno. Vendiamo anche T-shirt, il nostro vino e pubblicazioni minori che vengono stampate tra un numero e l’altro».
Come è strutturata la redazione?
«Il mio ufficio è il tavolo della mia cucina. La redazione è composta da un team di persone meravigliose, che però collaborano al progetto part-time. Alcuni contributor sono ormai presenze costanti, altri partecipano a un solo numero, poi magari tornano dopo anni. Ogni lavoro è davvero personale e io sento il dovere di assicurarmi che tutti siano soddisfatti del risultato di ciò che hanno creato. Per questo ciascun articolo richiede molto tempo per essere ultimato».
Le piace cucinare?
«Ho tre figli e a volte fare da mangiare diventa stancante. In genere amo preparare cose molto semplici, come il pollo arrosto o il cheese on toast!».
Pensa che l’editoria indipendente abbia futuro?
«In molti credevano che fosse folle fondare una rivista cartacea in un mondo così digitale. Ma io credo che la gente si stia allontanando sempre di più dai social media e si stia avvicinando alla carta stampata, a un prodotto che si può conservare e consultare, di cui si possono strappare le pagine per appenderle al muro. Anche gli inserzionisti a mio avviso stanno rivedendo i vantaggi a lungo termine della stampa e stanno tornando a sceglierla. Per me è ogni volta un’emozione vedere Luncheon in un negozio o sulla tavola a casa di qualcuno».
È appena uscito il nuovo numero, per chi non lo ha ancora sfogliato, cosa troverà nel quattordicesimo Luncheon?
«C’è una conversazione tra il cantante sudanese-canadese Mustafa The Poet e Adrian Joffe di Comme des Garçons, che chiacchierano di poesia e vita, una storia con gli artisti del collettivo (La)Horde, co-direttori della Compagnia Nazionale di Danza di Marsiglia, fotografati da Louie Banks e una serie di opere che ritraggono immagini di sigarette realizzate da diversi artisti, che scandiscono le pause tra una portata e l’altra, proprio come durante un lungo pranzo».