IL DIGIUNO intermittente per perdere peso? Sì, ma come? E soprattutto perdere che cosa? Perché con le diete il rischio di perdere muscoli anziché grasso o addirittura liquidi è più che concreto. E invece sembra che il digiuno intermittente apporti benefici alla composizione corporea bruciando massa grassa. Ispirato al Ramadam e ancorato a rigorosi principi scientifici, il digiuno intermittente brucia grasso e riduce l’infiammazione basale di cui sono afflitte milioni di persone di tutte le età. La chiave di questa alimentazione sta nel consumare gli stessi pasti che vengono assunti nel giro di sedici ore in un arco di tempo circoscritto di otto ore. In questo lasso di tempo si deve mangiare soltanto tre volte.

Non si mangia dopo il tramonto
Dopo di che vengono rimesse al loro posto forchette e coltelli fino al giorno dopo per concedere all’organismo il tempo di metabolizzare gli alimenti della giornata. Mangiare in questo modo traccia una strada nuova per chi si diletta nello sport e produce effetti significativi in chi stenta a rientrare quotidianamente nelle taglie slim. A sostenere questa tesi ci sono diversi studi scientifici, due dei quali compiuti anche da studiosi italiani, apparsi negli ultimi tempi sulle riviste The International Society of Nutrition of Sport e sul Journal of Translational Medicine. Sono ricerche testate su atleti e servono anche a stabilire una correlazione con il mondo che si muove giornalmente su binari diversi dall’agonismo sportivo.

Obesità in lockdown
Sono proprio i primi a verificare sulla propria pelle quello che sarà utile per la salute dell’altra parte della società. D’altronde, l’eccesso di peso nel nostro Paese riguarda un adulto su due e un minore su quattro. Una situazione preoccupante che è peggiorata nel lockdown. Se aggiungiamo lo stress dettato dagli stravolgimenti dei costumi sociali e dalla sedentarietà in molti casi obbligata in altri derivata, il quadro che ne esce è piuttosto allarmante. A provocare serie conseguenze cardiovascolari non è solo il grasso accumulato nell’organismo ma anche l’infiammazione cronica sistemica dettata dal combinato di stress e disordinata alimentazione. Gli effetti clinicamente non sono visibili al contrario delle conseguenze che producono invecchiamento dei tessuti e seri guai cardiovascolari.

Il test sui ciclisti
E’ il malessere di questo secolo e il digiuno intermittente può essere indicato come il primo mattoncino per aiutare le persone a tornare ad essere attive. L’esperimento sportivo ha mostrato che gruppi di giovani ciclisti nelle prove endurance e atleti negli esercizi di forza hanno ricevuto miglioramenti sulla fat mass e nelle infiammazioni procurate dal training intenso, senza minimamente scalfire i muscoli. I primi sono stati monitorati per circa un mese, mentre nel gruppo dei secondi dopo otto settimane già si registrava una certa riduzione di grasso. Per i ciclisti è stato garantito lo stesso piano alimentare che abitudinariamente veniva impiegato prima dell’esperimento basato su 4800 calorie giornaliere. Lo studio è stato condotto durante l’inverno, la stagione in cui ci si prepara per le competizioni primaverili ed estive. Dopo quattro settimane di un regime alimentare ritmato con le cadenze del giorno e della notte la massa grassa si è ridotta del 2%, restando intatta quella magra. Negli atleti che erano impegnati negli esercizi di forza dopo 8 settimane la massa grassa è diminuita del 2,8%.


Meno infiammazioni
Quel che viene analizzato attentamente da uno dei ricercatori, Antonio Paoli, direttore del laboratorio di Nutrizione e fisiologia dell’esercizio all'università di Padova, che ha seguito l’alimentazione e la preparazione fisica di atleti importanti, è la stretta relazione benefica tra il digiuno intermittente e le infiammazioni croniche sistemiche dei tessuti. “Junk food e sedentarietà generano un decadimento veloce dello stato di salute”, osserva Paoli. Il primo studioso ad accorgersi dell’infiammazione fu il bolognese Claudio Franceschi, docente d’Immunologia e unod ei massimi esperti di invecchiamento, che coniò nel 2000 il termine 'inflammaging', infiammazione e invecchiamento appunto, il malessere ormai sempre più comune, un termine che racchiude le due caratteristiche dell’età e della cronicità a bassa intensità. Lo stesso Franceschi aveva spiegato che una delle cause della longevità osservata nei centenari non era l’assenza d’infiammazioni nel corpo ma il bilanciamento con gli agenti che producono l’effetto opposto.
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