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Anestesisti, quasi un paziente su due crede che non siano laureati

Anestesisti, quasi un paziente su due crede che non siano laureati
Solo il 22% sa che è laureato in Medicina e solo l'11,5% sa che lavora in terapia intensiva e in emergenza
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Quasi un paziente su due (45,6%) in attesa di un intervento chirurgico pensa che il medico anestesista rianimatore sia un diplomato e non una laureato in Medicina e con una specializzazione. Solo il 22% sa che è laureato in Medicina e solo l'11,5% sa che lavora in terapia intensiva e in emergenza. E' quanto emerge da una ricerca condotta e ideata da Fausto D'Agostino, dirigente medico anestesista rianimatore dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, con la supervisione dei professori Felice Eugenio Agrò e Paolo Pelosi, pubblicata sul 'Journal of Anesthesia & Clinical Research'. Il sondaggio è stato condotto dal 10 gennaio al 31 maggio 2021 su un campione di 1.400 pazienti in attesa di essere operati, attraverso un questionario di 13 domande a risposta chiusa che includevano, tra le altre, dati personali, età, sesso e titolo di studio.

Le risposte

Le risposte dei pazienti al questionario, in prevalenza donne (49,9%) e in percentuale maggiore dai 50 a 74 anni, hanno fatto emergere che il tema dell'anestesia desta sicuramente un interesse generalizzato, ma che i pazienti in procinto di essere sottoposti ad anestesia preferiscono ancora informarsi maggiormente attraverso l'esperienza diretta o familiare, piuttosto che chiedere direttamente al medico, riporta lo studio a cui hanno contribuito i medici e ricercatori Davide Sammartini, Emanuele Sammartini, Angela Sinagoga, Jessica Poloni, Pierfrancesco Fusco, Silvia Angeletti, Silvia Fabris e Claudio Ferri.

La necessià di essere informati

Gli intervistati desidererebbero maggiori informazioni su alcuni aspetti fondamentali dell'anestesia e del percorso diagnostico/terapeutico, principalmente la durata dell'intervento (57%), come i medici si occuperanno del dolore postoperatorio (47%), le diverse tecniche di anestesia disponibili (42%), oltre all'eventuale anestesia e complicanze (50%). Secondo D'Agostino, "dovrebbero essere compiuti maggiori sforzi per migliorare e rendere più efficaci le modalità di comunicazione tra anestesisti, pazienti e famiglie".

Spesso si sceglie solo il chirurgo

Se una famiglia spesso sceglie il chirurgo che dovrà operare il proprio caro - emerge dallo studio - non avviene lo stesso per la scelta del medico anestesista rianimatore, raramente percepito come una figura centrale, e di alta specializzazione, nel processo operatorio. Va inoltre ricordato che lo stesso specialista ha in carico le terapie del dolore - ruolo di cui solo l'11,5% degli intervistati è a conoscenza - così importanti per alleviare le sofferenze di un paziente - e che anche per questo dovrebbe meritare la massima considerazione nella fase di scelta da parte del paziente e dei suoi familiari.