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Carcinoma ovarico, buona qualità di vita grazie ai parp inibitori

Carcinoma ovarico, buona qualità di vita grazie ai parp inibitori
Due anni di trattamento con olaparib allunga la sopravvivenza e modifica poco la capacità di svolgere le attività quotidiane delle pazienti. Su Salute in edicola un approfondimento sulla malattia
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Non solo prolunga la sopravvivenza, ma lo fa senza incidere sulla qualità di vita delle pazienti. Gli ultimi risultati che arrivano dallo studio che ha analizzato l’azione di olaparib, farmaco che appartiene alla classe che sta rivoluzionando la cura del tumore ovarico, completano il quadro delle conoscenze generate dalla sperimentazione denominata Solo1 e sono stati pubblicati da Lancet Oncology. “Non avevamo la certezza, non potevamo averla, che due anni in più di terapia oltre alla chemio classica con platino non peggiorassero la vita quotidiana delle nostre pazienti, ora invece sappiamo che tutti gli indici di qualità di vita, per una chiara maggioranza delle donne coinvolte nello studio, non vengono modificati da olaparib: un’ottima notizia per le pazienti”, parola di Giovanni Scambia, Direttore Scientifico e Direttore dell'Area Salute della Donna e di Ginecologia oncologica del Policlinico Gemelli di Roma, coautore dello studio.

 

I risultati

Il carcinoma ovarico, a cui è dedicato un approfondimento sul mensile Salute in edicola a partire dal 29 aprile, è una delle principali cause di morte per cancro nelle donne di tutto il mondo, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 19%. Per il carcinoma ovarico avanzato di nuova diagnosi, lo scopo principale delle cure è quello di ritardare la progressione della malattia il più a lungo possibile mantenendo una buona qualità della vita delle pazienti. Capire se in effetti così vanno le cose, cioè se e quanto il mantenimento con olaparib influisce sulla vita di chi lo assume, è stato lo scopo del paper su Lancet Oncology. Che il farmaco aumenti la sopravvivenza è risultato oramai acquisito, e infatti è approvato dall’AIFA come trattamento di mantenimento del carcinoma ovarico avanzato con mutazione genetica BRCA.

Gli ultimi risultati, invece, esplorano la qualità di vita e sono stati ottenuti mediante questionari somministrati nel corso di due anni di cura. Nel dettaglio, la capacità di movimento non è stata influenzata per il 75% delle donne, la cura di sé non ha subito cambiamenti per l’85% di loro, le attività quotidiane sono rimaste le stesse per il 65% delle pazienti, dolore o malessere e ansia o depressione non sono stati rilevati nel 59% nel 52% del campione rispettivamente.

 

La “rivoluzione” dei parp inibitori

“Quest’ultimo studio completa un panorama che si fa sempre più chiaro nella terapia del tumore ovarico, una terapia che i parp inibitori stanno rivoluzionando. E lo stanno facendo a due livelli. Nel senso della personalizzazione delle cure, introducendo cioè la possibilità di cure costruite sulle caratteristiche molecolari del cancro: la presenza di una mutazione dei geni BRCA”, spiega ancora Scambia. “E nel senso della prevenzione, che è altrettanto importante. I parp inibitori stanno portando al controllo diffuso della mutazione BRCA, il che a sua volta ha un risvolto positivo che va anche oltre la singola paziente affetta da carcinoma: se una donna con tumore ovarico fa, come in effetti fa sempre, il test genetico per rilevare l’eventuale positività al BRCA mutato – spiega infatti l’esperto – e risulta positiva al test, anche le altre donne della sua famiglia lo faranno, e se anche loro risulteranno portatrici della stessa mutazione possono fare prevenzione, che è un tema fondamentale”.

 

La prevenzione

Tanto più dal momento che per il tumore ovarico non ci sono programmi di screening nazionali e che si tratta di una malattia che nelle fasi iniziali non dà sintomi, e che quando ne dà, sono segnali comuni ad altre malattie non gravi, prime tra tutte i disturbi gastrointestinali, che quindi facilmente vengono sottovalutati. Ma – è il parere degli esperti e le conclusione di studi pubblicati -  una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione dell’addome e un’ecografia transvaginale di controllo possono facilitare una diagnosi precoce.