Il 20% dei decessi per Covid-19 ha riguardato proprio i malati oncologici e la cosa non stupisce se si considera che si tratta di pazienti fragili e che nel 2020 sono stati posticipati il 99% degli interventi per tumori alla mammella, il 99,5% di quelli alla prostata, il 74,4% al colon retto. Non solo. Gli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto hanno registrato una riduzione di due milioni e mezzo di esami nel 2020 rispetto al 2019 e, in media, per i tre programmi di prevenzione secondaria il ritardo è compreso tra 4 e 5 mesi. Parte da questa ‘fotografia’ l’urgenza di avviare al più presto una cabina di regia per definire e far partire il Piano oncologico nazionale come viene chiesto nel 13° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi nell’ambito della XVI Giornata nazionale del malato oncologico promossa da Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
Dall’Europa all’Italia
Il punto da cui partire è il Piano Europeo di Lotta contro il Cancro e la Mission on Cancer che hanno come obiettivo quello di far fronte all’intero decorso della malattia e salvare così 3 milioni di vite umane entro il 2030. Il Piano è strutturato intorno a quattro ambiti di intervento fondamentali: prevenzione, individuazione precoce della malattia, diagnosi e trattamento, qualità della vita dei pazienti oncologici e delle persone guarite dal cancro. Sono indicate anche dieci ‘iniziative faro’ e il relativo periodo di attuazione. Un vero e proprio metodo di lavoro a cui deve ispirarsi anche il Piano Oncologico Nazionale prevedendo azioni, tempistiche, finanziamenti e modifiche regolatorie e legislative per superare l’emergenza oncologica. Secondo gli esperti, tra gli obiettivi prioritari del Piano, inseriti nel Rapporto di Favo, ci devono essere il finanziamento delle Reti Oncologiche Regionali, il potenziamento dell’assistenza oncologica domiciliare e territoriale, la tecnologia per gli screening diagnostici, lo sviluppo uniforme della telemedicina, la terapia CAR-T, la previsione di forme di sostegno psicologico ai malati oncologici, l’attivazione immediata della Rete dei tumori rari, la consegna di farmaci a domicilio e l’attuazione della norma che riconosce il ruolo dell’infermiere di famiglia.
Un ritardo di cinque anni
Al momento l’Italia, dove nel 2020 sono stati stimati 377mila nuovi casi di tumore, non ha un Piano oncologico nazionale: “L’ultimo elaborato risale al 2013 ed e? scaduto nel 2016”, fa notare Giordano Beretta, presidente Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica). “La difficile gestione del Covid-19 ha contribuito ad accrescere la consapevolezza della necessita? di un profondo rinnovamento tecnologico e di processo dell’assistenza oncologica. La lezione del Covid-19 non va sprecata. La pandemia ha prodotto danni collaterali e a risentirne sono stati, in primis, i pazienti oncologici. La riprogrammazione dell’attività sanitaria deve tenere in considerazione i tumori alla stessa stregua delle patologie tempo-dipendenti dove, a differenza della specialità cardiovascolare, il tempo non si conta in minuti od ore, ma in settimane o mesi che possono impattare sulla sopravvivenza globale, libera da malattia e sulla qualità di vita”.
I fondi necessari
A livello istituzionale il Sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri si è impegnato a presentare il Nuovo Piano Nazionale per l'Oncologia alla Conferenza Stato Regioni entro settembre. Quello che manca ora è un finanziamento per la sua attuazione. Secondo la Favo, solo in parte questo può essere coperto dai 4 miliardi di euro destinati agli Stati membri che recepiranno i principi del Piano e che realizzeranno le diverse progettualità previste. La restante copertura non può che avvalersi del Recovery Plan (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - PNRR), il programma di investimenti che l’Italia è tenuta a presentare alla Commissione Europea per accedere alle risorse straordinarie del NextGenerationEU. Una delle sei Missioni del PNRR è, infatti, dedicata alla Salute e, in particolare, al rafforzamento della prevenzione e dei servizi sanitari sul territorio, alla modernizzazione e digitalizzazione del sistema sanitario. Proprio per questo la Favo chiede l’avvio di una cabina di regia che coinvolga anche le associazioni pazienti, un monitoraggio orchestrato dagli enti preposti e un cronoprogramma definito in modo da essere armonizzato al Piano Europeo di Lotta contro il Cancro.
I danni dei ritardi causati da Covid-19
In attesa che si parta con il Piano oncologico, si fa la conta dei danni accumulati durante la pandemia ed in particolare l’impatto negativo sulla sopravvivenza, documentato ad esempio nel carcinoma mammario, colorettale, della cervice uterina e del fegato – afferma -. “Si stima che nel 2020, durante le prime 12 settimane di pandemia, a causa dell’occupazione e della riorganizzazione dei percorsi ospedalieri dovute al Covid, siano stati cancellati circa 28 milioni di interventi chirurgici a livello globale in 190 Paesi”, spiega Alessandro Gronchi, presidente Sico (Società Italiana di Chirurgia Oncologica).
Le differenze regionali e il ritardo negli interventi
Non solo: in Italia la pandemia ha gravemente accentuato le differenze tra Regioni relativamente alla disponibilità di prestazioni e all’accesso all’assistenza. Numerosi reparti chirurgici sono stati chiusi e convertiti in reparti di medicina dedicati ai pazienti Covid-19 e, per molte settimane, è stato possibile trattare solo procedure oncologiche, sia di emergenza, sia elettive, con evidenti limitazioni in termini di volume di casi trattati. “Complessivamente - prosegue Gronchi - nel 2020, sono stati rinviati oltre un milione di interventi chirurgici, come evidenziato da uno studio dell’Università Cattolica. Incrociando i dati di questa ricerca con quelli delle schede di dimissione ospedaliera del 2019, emerge che sono stati rimandati il 99% degli interventi per tumori alla mammella, il 99,5% di quelli per cancro alla prostata, il 74,4% al colon retto. Le ripercussioni non hanno riguardato solo i volumi, ma anche il percorso multidisciplinare e organizzativo. L’intervallo di tempo tra la discussione multidisciplinare nei tumor board e l’intervento chirurgico e? più che raddoppiato nel 2010 rispetto al 2019: 7 settimane contro 3”.
I ritardi per chi deve fare radioterapia
È centrale anche il ruolo della radioterapia. “Più della metà dei pazienti oncologici necessita di un trattamento radioterapico. In uno scenario in cui i trattamenti sistemici e chirurgici vengono posticipati, è ancora più necessario garantire l’accesso alla radioterapia senza significative interruzioni – conclude Vittorio Donato, presidente Airo (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica). I Dipartimenti Italiani di Radioterapia Oncologica hanno adottato, fin dall’inizio della pandemia, diverse soluzioni per ridurre al minimo le omissioni e le interruzioni dei trattamenti radioterapici. Nella prima fase della pandemia nessun centro ha chiuso, neppure tra le 85 strutture (68% dei centri) che sono diventate centri Covid-19, e l’impatto dell’emergenza sui volumi complessivi di attività clinica è stato contenuto: 38 centri (30,4%) hanno ridotto il carico di lavoro del 10-30% e 11 (8,8%) del 30-50%. Durante la seconda fase, grazie a tutte le misure adottate per limitare il contagio tra il personale e i pazienti, la maggior parte dei centri (61,8%) non ha riportato alcuna riduzione oppure una diminuzione dell’attività clinica inferiore al 10%, quindi molto meno marcata rispetto al resto d’Europa e agli Stati Uniti. Un risultato eccezionale, considerando quanto il nostro Paese sia stato colpito dalla pandemia fin dal suo esordio”.