SI FA fatica, ancora oggi, a riorganizzare i reparti, a recuperare le visite lasciate indietro. Sono i danni collaterali di Covid-19, che pesano in molte regioni anche sui pazienti con tumore della prostata. Dove la pandemia ha colpito più duramente è saltato quasi un terzo degli interventi. In alcuni casi, come in Basilicata, un intervento su due. A riaccendere i riflettori su questi dati è la Fondazione PRO, che lancia la seconda fase della sua campagna “Per il cancro non c’è lockdown”. Che questa volta vede come testimonial d’eccezione Carlo Verdone (guarda la clip).
“Tutto il Paese fatica a riorganizzare i reparti e a gestire le liste d’attesa”, dice Vincenzo Mirone, ordinario di Urologia dell'Università Federico II di Napoli e presidente di Fondazione PRO: “Il problema non riguarda solo gli interventi, ma anche le nuove diagnosi: nel 2020 la metà si è persa a causa di Covid”. Ogni anno in Italia si stimano 37 mila nuovi casi. E’ un tumore che colpisce soprattutto gli over 50 (l’età media delle diagnosi è 72 anni) e in cui stili di vita e familiarità giocano un ruolo importante. Fondamentale, però, resta la diagnosi precoce.
Nonostante la campagna vaccinale, i pazienti non vanno ai controlli
Per gli oltre 560 mila uomini che già convivono con questa diagnosi, invece, contano soprattutto l’aderenza alle terapie e i controlli. “Con le vaccinazioni per Covid-19, speravamo in una ripresa maggiore”, sottolinea Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: ”In questa situazione, però, sta emergendo il ruolo delle terapie a lungo termine, trimestrali e semestrali, grazie alle formulazioni a lento rilascio”.