LE prescrizioni per la radioterapia elaborate da un’intelligenza artificiale (AI) sono “clinicamente accettabili” nella maggioranza dei casi. A dirlo è uno studio condotto al Princess Margaret Cancer Centre di Toronto, in Canada, da una team di radioterapisti oncologi, fisici medici ed esperti di intelligenza artificiale: medici e ricercatori hanno valutato la capacità dei sistemi di apprendimento automatico di elaborare protocolli di radioterapia per 100 pazienti con tumore della prostata nella pratica clinica quotidiana. Semplificando un po’, un piano di trattamento radioterapico è un programma di irraggiamento che definisce la dose di radiazione, i volumi da colpire e i confini da rispettare tra tessuti sani e malati, e normalmente viene elaborato da fisici medici sulla base delle immagini (tac, risonanze, ecc) e delle indicazioni del medico oncologo. La conclusione della ricerca è che i protocolli messi a punto dall’AI funzionano. Ma anche che è importante conservare i sistemi di controllo che solo l’intelligenza umana può e deve mettere in atto, e che è necessario promuovere un atteggiamento di fiducia dei medici nei confronti di questi nuovi strumenti.

La ricerca
Lo studio ha conquistato la copertina di Nature Medicine. Per ognuno dei 100 pazienti, sulla base delle immagini fornite delle Tac sono stati sviluppati due piani di radioterapia: uno dall’algoritmo e uno dai fisici medici specializzati in trattamenti radianti. Nello specifico, 50 di questi pazienti erano già stati sottoposti a radioterapia e la valutazione è stata fatta retrospettivamente (in pratica in una situazione che potremmo dire simulata), mentre gli altri 50 pazienti non erano stati ancora trattati e lo sarebbero stati dopo la valutazione dei medici (fase prospettica).

AI “accettabile”
Riassumendo le cose sono andate così: complessivamente gli oncologi hanno considerato clinicamente accettabile l'89% dei piani generati con l’AI. Ma se si guarda alla sola fase prospettica, le loro valutazioni dei trattamenti generati dall’algoritmo sono cambiate: in questa situazione, i medici hanno scelto i trattamenti ottenuti con l’algoritmo molto meno spesso che non in quella retrospettiva. In pratica: mentre i trattamenti forniti dall'AI sono stati preferiti in modo molto chiaro quando sono stati valutati al di fuori dell'ambiente clinico, come avviene nella maggior parte dei lavori scientifici, quando si è trattato di applicare il trattamento al paziente, questa preferenza si è ridotta. In realtà, al momento di scegliere tra piano radioterapico automatizzato e progetto di cura stabilito dal fisico medico, gli oncologi non sapevano quale fosse l’uno e quale fosse l’altro, ma dovevano comunque indicare quale, secondo loro, era stato generato dall’intelligenza artificiale.
Il merito dello studio
Sempre più spesso in medicina le tecnologie di AI vengono integrate alle metodiche tradizionali nella diagnosi e nella cura di molte patologie. Ma più raramente l’intelligenza artificiale arriva al letto del paziente. E già questo è un merito dello studio. Ma non è il solo. Questa ricerca dà anche l’occasione di riflettere su questioni sempre più emergenti nella medicina, via via che le tecniche che utilizzano l’AI si perfezionano. "Abbiamo dimostrato che l'intelligenza artificiale può essere migliore del giudizio umano per la radioterapia. In effetti, è sorprendente che funzioni così bene", ha detto Chris McIntosh, cattedra di Medical Imaging e AI all'Università di Toronto e primo autore della pubblicazione: “Una scoperta importante – aggiunto McIntosh - è stato vedere cosa succede quando la si applica effettivamente in un ambiente clinico rispetto a uno simulato". Lo studio ha anche valutato quanto tempo farebbe risparmiare la procedura algoritmica rispetto a quella umana: 70 ore in media.

"Quando metti i piani di trattamento generati dall’AI nelle mani di persone che devono prendere decisioni cliniche reali sui loro pazienti, la preferenza nei confronti delle tecnologie di apprendimento automatico può ridursi. Può esserci uno sfalsamento tra ciò che accade in un contesto di laboratorio e in uno clinico", ha aggiunto Thomas Purdie, fisico medico al Princess Margaret Cancer Center e professore associato al Dipartimento di Radioterapia Oncologica dell’Università di Toronto: “L'intelligenza artificiale in laboratorio ha generato molto entusiasmo e l'ipotesi è che i risultati ottenuti in ambiente sperimentale si tradurranno direttamente in un ambiente clinico. Ma la nostra ricerca ci avverte che le cose potrebbero essere differenti. Sapere che è in gioco la cura del paziente potrebbe influenzare il giudizio dei medici, anche se i trattamenti decisi dall’AI sono accuratamente valutati e convalidati".

Un'integrazione possibile
Al Princess Margaret i trattamenti generati con il Machine Learning oggi vengono utilizzati nella cura della maggior parte dei pazienti con cancro alla prostata, visto il successo di questo studio, dicono gli autori. “Un successo – ha dichiarato Leigh Conroy, fisico medico - che è dovuto a una pianificazione attenta, a una integrazione graduale nell'ambiente clinico e al coinvolgimento di tante parti interessate nel processo di elaborazione di un solido programma di machine learning”. Un programma che viene costantemente perfezionato e nel corso del quale gli oncologi sono continuamente consultati e continuamente forniscono feedback. E i risultati ottenuti sull'accuratezza clinica sono sempre condivisi.