Essere disabili e avere un cancro sarebbe già troppo per chiunque ma se poi si aggiunge lo stigma, la disuguaglianza e spesso l'abbandono, allora non c'è partita. Lo sanno bene gli oltre tre milioni di disabili italiani che vengono trattati come pazienti di "serie B" anche in ambito oncologico soprattutto per quello che riguarda la diagnosi precoce e l'accesso alle terapie, due ambiti nei quali si registrano notevoli disagi rispetto al resto della popolazione. Un tema, quello della qualità delle cure rivolte a queste persone, portato di recente all'attenzione da una serie di articoli pubblicati sulla rivista The Lancet Oncology e che la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) condivide e rilancia in occasione della Giornata Internazionale dedicata ai diritti delle persone con Disabilità, che si celebra sabato 3 dicembre con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza e l'attenzione verso i problemi connessi alla disabilità e l'impegno a garantire con azioni concrete la dignità, i diritti e il benessere delle persone disabili.
I tumori nelle persone con disabilità
Purtroppo, le persone con disabilità possono ammalarsi più facilmente di cancro anche in conseguenza degli stili di vita (maggiore attitudine al fumo di sigaretta e alla sedentarietà), della necessità in alcuni casi di sottoporsi più di frequente a esami radiografici (con un aumento del rischio di sviluppare alcuni tumori legato all'esposizione alle radiazioni ionizzanti) e di un generale processo di invecchiamento che tende a manifestarsi in anticipo rispetto alle persone senza disabilità. Due studi pubblicati tra il 2020 e il 2021 hanno evidenziato un rischio più alto per le persone con disabilità di sviluppare alcuni tumori (seno, cervice uterina, colon-retto, prostata e linfoma non-Hodgkin) rispetto al resto della popolazione.
Risultati incoraggianti
Inoltre, fino a pochi decenni fa, la prospettiva di vita di una persona disabile con il cancro era ridotta rispetto a quella dei coetanei sani. Oggi, invece, i progressi ottenuti dalla ricerca scientifica e i supporti garantiti sul piano sociale permettono anche a loro di raggiungere l'età adulta. E in molti casi anche la terza età. "Un risultato incoraggiante, da una parte - spiega Elisabetta Iannelli, segretario generale di Favo. Ma che porta con sé anche una maggiore probabilità di sviluppare una serie di malattie croniche più comuni nella seconda metà della vita: come per l'appunto i tumori. Di conseguenza il numero totale dei casi riguardanti queste persone è destinato ad aumentare. Chiediamo che il Paese, sul piano istituzionale e scientifico, consideri questo aspetto e attui una serie di misure per rendere il sistema sanitario più inclusivo e realmente universalistico, facilitando l'accesso e il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per le persone disabili". Un passaggio fondamentale, considerando peraltro che una parte di questi pazienti potrebbe ritrovarsi ad affrontare il tumore e le cure senza un adeguato supporto da parte dei familiari, soprattutto nel caso in cui la diagnosi arrivi in età avanzata.
Poco coinvolti nelle sperimentazioni cliniche
Un altro problema da considerare è che i disabili che poi diventano anche pazienti oncologici, molto di rado vengono coinvolte nelle sperimentazioni cliniche ed, inoltre, le loro disabilità non sono tenute adeguatamente in conto negli studi epidemiologici. Ma non solo. Nella valutazione delle condizioni complessive dei malati, il peso della disabilità non viene riconosciuto ancora in maniera adeguata. E di conseguenza i sistemi sanitari non risultano in grado di fornire l'assistenza "speciale" di cui questi pazienti necessitano: in termini di disponibilità di personale altamente qualificato, di infrastrutture e macchinari più adatti alle loro esigenze, di strategie di comunicazione e supporto psicologico efficaci e rivolte tanto alle persone disabili quanto ai loro caregiver.
Le priorità per l'assistenza
L'analisi condotta da Liza Iezzoni (direttrice del Centro di ricerca sulle politiche sanitarie, Mongan Institute, del Massachusetts General Hospital di Boston) ha riconosciuto tre priorità per potenziare l'assistenza alle persone con disabilità affette da un tumore. In primo luogo, accrescere la partecipazione agli screening oncologici: diversi studi, infatti, hanno evidenziato tassi di risposta inferiore per gli screening del tumore al seno e della cervice uterina, un aspetto dovuto anche all'assenza di macchinari più accessibili per questi pazienti. La seconda priorità è quella di agevolare il percorso diagnostico in quanto la difficoltà ad utilizzare lettini e macchinari per l'imaging porta spesso a ritardare le diagnosi. Infine, è necessario ottimizzare l'accesso alle cure e al follow-up. Senza considerare poi la necessaria riabilitazione. "Per garantire un'offerta sanitaria adeguata - prosegue Iannelli - è necessario innanzitutto partire dai numeri. Oggi non sappiamo quanti siano gli italiani che, già alle prese con una disabilità, si sono poi ammalati di cancro. Occorre inoltre aumentare la consapevolezza da parte dei sanitari della problematica oncologica legata alla disabilità. Ed eliminare tutte le barriere, fisiche e culturali, che portano spesso queste persone a non conoscere le opportunità a loro disposizione e a rivolgersi meno di frequente alle istituzioni sanitarie".
La complessità del paziente disabile
A rendere più difficile la situazione di una persona disabile è spesso la complessità della loro situazione. L'esempio più evidente è rappresentato dai pazienti affetti da una malattia neurologica infiammatoria (come la sclerosi multipla o altre malattie demielinizzanti) o degenerativa (come l'Alzheimer e il Parkinson) che scoprono di avere anche un tumore. "Molti trattamenti oncologici, come l'immunoterapia, potrebbero aggravare il decorso di queste malattie. Altri, come la chemioterapia a base di platino e taxani, peggiorare i sintomi sensitivi a causa degli effetti collaterali diretti dei trattamenti. Questa elevata complessità si traduce spesso in ridotte opportunità di cura a causa della mancata integrazione tra i servizi", spiega l'oncologa Paola Varese, presidente del Comitato Scientifico di Favo. "Mai come in questo contesto è necessaria una pianificazione assistenziale integrata, con una valutazione multidisciplinare reale che consenta di elaborare un progetto di cura individualizzato".
I disagi di chi soffre di una disabilità intellettiva
Un'altra metanalisi coordinata da Anne Boonman (ricercatrice del dipartimento di cure primarie e di comunità del Radboud University Medical Center di Nijmegen, Olanda) ha fatto emergere come i pazienti con una disabilità intellettiva siano più vulnerabili anche durante il percorso terapeutico per tre ragioni: una maggiore fragilità fisica che li espone maggiormente agli effetti collaterali delle terapie, le difficoltà a rispettare il piano terapeutico dall'inizio alla fine e i limiti nella gestione degli aspetti decisionali da condividere con il proprio oncologo durante le terapie. "La disabilità intellettiva ha molteplici sfumature e rappresenta un problema nel problema - chiarisce Varese. In oncologia, più che in altri settori della medicina, la partecipazione attiva del malato al processo decisionale terapeutico è determinante, in virtù del margine di incertezza sul decorso e del rischio di tossicità. Molti disabili intellettivi non sono riconosciuti tali ai fini della legge e pertanto nessuno è legittimato a decidere in loro vece".
Come evitare l'abbandono terapeutico
Se dunque sussiste il rischio di cadere in un abbandono terapeutico, come si può offrire un trattamento adeguato a queste persone? "Le difficoltà organizzative sono sempre molto rilevanti - precisa la specialista. Agli operatori sono richieste tenacia, competenze trasversali, una solida preparazione bioetica e la capacità di creare e sostenere con costante sforzo la rete socioassistenziale. Un surplus di fatica non da poco, in un momento di grave crisi per la sanità pubblica. Ma senza la quale non è possibile contrastare l'isolamento e la preclusione di accesso alle cure".
La mappa della disabilità in Italia e la necessità di maggiori risorse
Nel nostro Paese le persone che, a causa di problemi di salute, soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono circa 3,1 milioni. Di questa categoria fanno parte soprattutto anziani (quasi 1,5 milioni: di cui 900mila donne). Fino al 2019, anno in cui l'Istat ha pubblicato il primo rapporto sulla disabilità, il 26,9 per cento di questi viveva da solo, il 26,2 per cento con un coniuge, il 17,3 per cento con un coniuge e un figlio, il 7,4 per cento soltanto con un figlio, poco meno del 10 per cento con uno o entrambi i genitori e il restante 12 per cento in altre tipologie di nucleo familiare. La 'geografia della disabilità' vede al primo posto le Isole, con un'incidenza del 6,3 per cento (contro il 4,8 per cento che si registra nel Nord della Penisola). Le Regioni nelle quali il fenomeno è più diffuso sono l'Umbria e la Sardegna (rispettivamente, l'8,7 per cento e il 7,3 per cento della popolazione). Veneto, Lombardia e Valle d'Aosta, invece, quelle con l'incidenza più bassa (4,4 per cento). "Il tracciamento formale della disabilità - conclude Iannelli - è un'istantanea molto imperfetta. Non tutte le persone con disabilità hanno accesso alle informazioni corrette per accedere ai benefici di legge connessi con la disabilità stessa: il lavoro delle reti oncologiche deve prendere in carico anche gli aspetti socio-assistenziali. Come Favo ci siamo battuti, assieme all'INPS e all'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM, ndr), per introdurre il certificato oncologico on-line al fine di semplificare, accelerare e migliorare il corretto accertamento dell'invalidità civile. Ma il lavoro da fare è ancora molto. Quello che possiamo promettere è che non lasceremo mai soli i malati, in particolare quelli in condizione di maggiore fragilità anche a causa di una pregressa disabilità psichica, fisica o motoria. E sosterremo con tenacia i valori della sanità pubblica, nell'ottica di una presa in carico globale e continua del malato e della sua famiglia".