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Tumore al seno, per chi sono i test genomici

I test genomici aiutano a capire se la chemioterapia possa essere evitata e quale sia la probabilità di avere una recidiva a distanza di anni. Ecco in quali casi sono indicati

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1 minuti di lettura
Ci sono tumori al seno in cui è molto chiaro se bisogna o no fare la chemioterapia. In altri, invece, i parametri tradizionali e le biopsie non bastano. Ed è qui che viene in aiuto la genomica, con test in grado di predire l'aggressività di un tumore in stadio iniziale e di stimare il vantaggio di aggiungere la chemioterapia alla terapia ormonale.

LEGGI - Tumore al seno, chemioterapia sì o no?

Questi test possono essere indicati in due casi:
- in pazienti con un carcinoma duttale in situ (DCIS, continua a leggere qui)
- in pazienti con un carcinoma della mammella invasivo in stadio iniziale, positivo per i recettori ormonali (HR+ ed HER 2 negativo), e con nessuno o con pochi (0-3) linfonodi coinvolti.

• I TEST GENOMICI PER IL TUMORE INVASIVO AI PRIMI STADI
Attualmente, la terapia adiuvante per il tumore al seno ai primi stadi comprende o la sola ormonoterapia o l'ormonoterapia e la chemioterapia, a seconda di una stima del rischio di ciascuna paziente di sviluppare recidive o metastasi. La chemioterapia, come è noto, è associata a effetti collaterali che incidono sulla qualità di vita, con ripercussioni nelle sfere sociale, familiare e lavorativa. Essere in grado di identificare le pazienti che hanno un effettivo vantaggio dalla chemioterapia è quindi molto importante, anche in termini di rapporto costo/efficacia. I test genomici rappresentano uno strumento in più per gli oncologi, perché forniscono delle informazioni aggiuntive importanti che potranno essere valutate all'interno del quadro clinico complessivo delle pazienti.

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Come funzionano i test genomici


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