In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
Sportello cuore

Covid e cuore: così la pandemia ha messo in crisi prevenzione e cura delle malattie cardiache

Covid e cuore: così la pandemia ha messo in crisi prevenzione e cura delle malattie cardiache
Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia e vicepresidente FOCE, traccia un bilancio delle criticità emerse durante le ondate pandemiche e indica le strategie da seguire per il futuro: "Necessario un piano Marshall per i pazienti cardiopatici"
4 minuti di lettura

Covid-19 ha "spezzato" la sanità. E tante persone sono rimaste indietro. Il caso delle malattie cardiovascolari è emblematico. Sono la prima causa di morte nel nostro Paese, ma grazie alla prevenzione e alla disponibilità di terapie innovative siamo riusciti a ridurre significativamente il numero di decessi.

 

Poi, il virus Sars-CoV-2 ha inceppato un percorso virtuoso, l'attività di prevenzione si è praticamente arrestata e milioni di visite cardiologiche non sono state effettuate durante il lockdown senza che queste potessero essere recuperate nella maggioranza delle Regioni italiane, alcune delle quali come quelle del sud, già in cronica sofferenza per i piani di rientro. Lo ricorda Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia e vice-Presidente di FOCE (Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi).

Cosa è accaduto nel periodo della pandemia?
"Oltre alle difficoltà nella prevenzione e nello svolgimento delle visite c'è stata la riduzione dei ricoveri urgenti per patologie cardiovascolari. Circa il 50% dei pazienti con infarto, scompenso cardiaco e altre gravi patologie acute non sono andati in ospedale, o sono andati in ritardo, per paura del contagio e questo ha triplicato la mortalità ospedaliera per infarto Stemi (caratteristica dell'elettrocardiogramma che indica il sopraslivellamento del tratto ST del tracciato). Il primo studio al mondo che ha dimostrato questo fenomeno è stato effettuato dalla Società Italiana di Cardiologia e pubblicato sull'European Heart Journal. Questi dati, confermati da studi successivi effettuati in tutti i continenti, consigliano oggi a tutte le persone che presentano sintomi gravi come un dolore al torace o importanti difficoltà respiratorie di chiamare sempre il sistema dell'emergenza in quanto lo stent coronarico ed altre terapie farmacologiche sono in grado di ridurre la mortalità se il paziente giunge tempestivamente in ospedale. Anche pazienti con malattie delle valvole cardiache hanno notevolmente ridotto i loro ingressi in ospedale: per esempio, pazienti con stenosi aortica severa sintomatica, da trattare con tecnica percutanea come la Tavi, non sono sopravvissuti, in alcuni casi, al procrastinare degli interventi. Si tratta di problematiche che sono comuni ad altri pazienti fragili come quelli oncologici ed ematologici, e proprio per questo è nata la confederazione Foce".

Cosa bisogna fare ora?
"La Sanità italiana è stata colta impreparata senza un piano pandemico e molti errori sono stati commessi. Nonostante la cardiologia sia di grande importanza nel senso generale e per i pazienti Covid-19 nessun cardiologico è stato coinvolto nel Cts della Sanità.  Ancora molte cardiologie e Utic sono sono state convertite in reparti Covid e molti cardiologi sono stati spostati nei reparti Covid per la carenza atavica del personale. Questo ha impattato tantissimo sull'assistenza perché oltre alla riduzione dei ricoveri da parte dei pazienti sostanzialmente per paura del contagio si è anche associata una riduzione dei posti letto e del personale dedicato alla prevenzione e al trattamento delle patologie cardiovascolari. Le conseguenze di ciò sarà purtroppo evidente anche nei prossimi anni con una maggiore incidenza di pazienti con scompenso cardiaco. Sappiamo che Covid- 19 colpisce selettivamente anche il cuore, complicando ulteriolmente le conseguenze organizzative e sanitarie della panedmia. Una nostra recente meta-analisi, ad esempio, che ha incluso i risultati di 21 studi con circa 77.317 pazienti ospedalizzati con Covid-19, ha dimostrato la presenza di complicanze cardiovascolari nel 14,09% dei casi. In particolare, il danno miocardico è stato documentato nel 10,34%. Come arginare questo fenomeno? Abbiamo l'arma della vaccinazione per proteggere i pazienti fragili, come appunto i cardiopatici e gli oncologici. Come Società Italiana di Cardiologia abbiamo lanciato una campagna di priorità per la vaccinazione dei pazienti cardiopatici fragili che inizialmente sono stati sottovalutati".

Cosa dovrà fare la sanità pubblica?
"In Italia vi è una chiara diseguaglianza dell'assistenza sanitaria in genere, e cardiologica in particolare, sul territorio nazionale. Esistono 20 servizi sanitari nazionali che per motivi storici, organizzativi ed economici funzionano in modo diverso, così come esiste un indubbia "questione meridionale" anche per la sanità. È necessario creare reparti e percorsi nettamente separati per i pazienti affetti da Covid-19 e cardiopatici (o pazienti oncologici o ematologici). Aumentare il numero di ambulatori, raddoppiare la possibilità di prenotare visite o ricoveri cardiologici in modo di recuperare, almeno in parte, l'attività cardiologica non effettuata durante la pandemia. I tagli di posti letto per acuti degli ultimi in aggiunta ai problemi sanitari creati dalla pandemia hanno rappresentato una grande debolezza per il nostro sistema sanitario. È necessario oggi effettuare un piano Marshall anche per i pazienti cardiopatici: aumentare il numero di posti per i pazienti acuti per i pazienti con infarto miocardico o scompenso cardiaco e collegare l'ospedale con il territorio attraverso strategie mai organigamente implementate in Italia. Le tecnologie in molte cardiologie sono vetuste ed obsolete e bisognerà aggiornare il parco tecnologico di queste strutture. È molto importante allocare risorse necessarie per le tecnologie innovative come il trattamento percutaneo delle patologie delle valvole cardiache o il trattamento dei disturbi del ritmo che oggi sono limitati dal costo delle procedure. Ma il punto indispensabile è il numero del personale medico e infermieristico che in molte strutture italiane è ancora insufficiente alle necessità, soprattutto in alcune regioni dove inspiegabilmente è bloccato il turnover dei personale. Molti farmaci innovativi per lo scompenso cardiaco, per la prevenzione dell'ictus, dell'aterosclerosi, della dislipidemia sono limitati dalla burocrazia e dalla necessità di effettuare indaginosi piani terapeutici ospedalieri che ne limitano l'utilizzo. Infine, la formazione dei nuovi cardiologi è stata compromessa dalla pandemia. Uno studio effettuato dalla Sic sugli specializzandi in cardiologia in Italia ha dimostrato che nel 61% di loro la pandemia ha avuto un effetto negativo sulla loro formazione professionale che non verrà colmato durante il resto della  loro specializzazione. Forse saranno necessari per questi specializzandi piani di recupero formativo. Potremo avere un sogno, che la pandemia abbia fatto capito alla politica l'importanza della salute dell'uomo e dei progressi della medicina. Negli ultimi dieci anni la politica ha di fatto trascurato il servizio sanitario nazionale, per molti anni vanto della nostra nazione. Le enormi risorse economiche che verranno allocate nei prossimi anni nella sanità speriamo che non saranno sprecate e che verranno utilizzate adeguatamente. Non dimentichiamo che lo stent, l'angioplastica, le valvole percutanee, il trattamento delle aritmie, così come le le terapie innovative per la cardiopatia ischemica, per le dislipidemia, per lo scompenso cardiaco, per le malattie rare hanno aumentato negli ultimi 20 anni, la vita media di circa 5 anni. Bisognerà intelligentemente investire nella salute dell'uomo, bene primario di ogni società".