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Ipertensione, attenzione ai farmaci effervescenti: troppo sodio

Ipertensione, attenzione ai farmaci effervescenti: troppo sodio
Uno studio rivela un aumento del rischio di malattie cardiovascolari in chi soffre di ipertensione. Per la pressione arteriosa, meglio affidarsi ad altre formulazioni
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Che sia necessario fare attenzione ai farmaci nella terza età è risaputo. È sempre meglio parlare con il medico per sapere come comportarsi. Ma a volte ci si dimentica che è importante anche capire come una stessa sostanza attiva in senso terapeutico possa essere associata a composti che, se da un lato ne facilitano l'assunzione, dall'altro possono aumentare il rischio di problemi cardiovascolari, come ad esempio può avvenire con le compresse effervescenti che contengono sodio.

Occorre quindi, in accordo con il curante, considerare anche questo aspetto, soprattutto se si soffre d'ipertensione, visto che esiste la possibilità di assumere lo stesso principio attivo sotto altre vesti. Altrimenti c'è il rischio di assumere quantità di sodio eccessive, a meno che non si provveda ad eliminarlo dalla tavola, con conseguenti riflessi sulla pressione arteriosa e sulla salute di arterie e reni.

A segnalare questo aspetto è una ricerca osservazionale pubblicata su European Heart Journal, coordinata da Chao Zeng, dell'Università Central South di Changsha, che prende in considerazione quasi 300.000 persone in cura presso i medici di medicina generale britannici che hanno assunto paracetamolo su prescrizione e non in automedicazione (quindi necessariamente per periodi limitati) in diverse formulazioni.

Il rischio di superare la soglia

L'attenzione si è concentrata sulle formulazioni contenenti sodio, necessario per la compresse effervescenti o solubili: questo componente naturale del sale da cucina (cloruro di sodio) dovrebbe essere assunto in quantità minime senza superare i 2 grammi al giorno stando alle indicazioni dell'OMS. Ma se si assume paracetamolo in formulazioni contenenti sodio ogni sei ore, ogni giorno si rischia di superare questa soglia solo con i farmaci, e questa quantità di sodio va così ad aggiungersi a quanto si assume con il cibo. Alla lunga gli effetti non sono propriamente positivi.

Lo studio, che si concentra sul ruolo di questo sale per segnalare la necessità di non esagerare o comunque di scegliere altre modalità d'assunzione del principio attivo, riporta che il rischio di infarto, ictus o insufficienza cardiaca dopo un anno per i pazienti con pressione alta che assumevano paracetamolo contenente sodio era del 5,6%, mentre era del 4,6% tra quelli che assumevano paracetamolo non contenente sodio.

Anche il rischio di decesso segue questa traiettoria: a un anno è risultato rispettivamente del 7,6% e del 6,1%. Se per gli ipertesi "leggere attentamente le avvertenze" è importante, per chi non ha la pressione alta la tendenza si conferma. Tra chi ha assunto le formulazioni dell'antipiretico contenenti sodio, il rischio di problematiche cardiovascolari è risultato del 4,4%, superiore al 3,7% osservato in chi assumeva lo stesso medicinale ma senza sodio.

Va detto, per completezza, che è uno studio osservazionale, quindi non spiega alcun rapporto causa-effetto ma si limita appunto a fotografare una situazione. Inoltre non sono stati considerati i dati relativi ad una stima dell'assunzione giornaliera di sale da parte dei partecipanti, né dell'eliminazione del sodio attraverso i reni. Ma si tratta comunque di un'osservazione che deve insegnare a tutti a seguire le indicazioni del medico quando si assumono trattamenti che possono, se protratti per tempi prolungati, influire sui valori pressori dei soggetti ipertesi.

"Lo studio conferma un eccesso di rischio direttamente associato all'assunzione di sodio, sia negli ipertesi che anche in chi non ha la pressione alta: ci avvisa una volta di più sull'attenzione che tutti, medici e persone comuni, dobbiamo porre a questo elemento - spiega Gianfranco Parati, direttore Scientifico dell'Istituto Auxologico di Milano e docente all'Università Milano-Bicocca. Dobbiamo sempre ricordare che il sodio può essere presente anche nelle preparazioni effervescenti e in quelle solubili di farmaci di cui facciamo largo consumo".

"Per questo - prosegue -, come si consiglia in un editoriale che accompagna la pubblicazione dello studio sullo European Heart Journal, penso si dovrebbe indicare anche nelle schede di accompagnamento dei farmaci la quantità di sodio contenuta nella preparazione, in modo che medici e persone possano scegliere il medesimo principio attivo in altra formulazione ove disponibile. Non dimentichiamo mai che ogni giorno non dovremmo superare un cucchiaino da caffè di sale, tra quello che aggiungiamo e quello che già si trova negli alimenti. Purtroppo il sale da cucina, ovvero il cloruro di sodio, è un nemico delle arterie ed aumenta i rischi di ipertensione. Solo con la conoscenza e le buone abitudini, mirate ad evitare l'assunzione di sodio "nascosto" come in questo caso, possiamo contrastare questo nemico che, se in eccesso nel tempo aumenta il rischio di infarto ed ictus".