Barbareschi, dal volley alla letteratura per raccontare storie di grandi sconfitte
L’ex schiacciatore del Top Team Mantova in A2 ha scritto “Bisogna saper perdere”: «Perché il ko deve fare male, è lo sport»
Gian Paolo GrossiMANTOVA. È un vincente nella vita a raccontare i perdenti dello sport in un libro. Lui, il 42enne genovese Giorgio Barbareschi, ha giocato 12 stagioni tra A1 e A2 di volley, vestendo anche la maglia della Nazionale ai Giochi del Mediterraneo del 2005. Oggi, grazie ad una laurea in Economia e ad un Master in business administration, è manager in una multinazionale a Vicenza ma il suo cuore rimane a Borgo Virgilio, da dove non se n'è più andato dopo aver conosciuto Cristina nel suo biennio (2008-10) vissuto con il Top Team Volley. Loro - l'oggetto di "Bisogna saper perdere" - sono invece i vinti che non dovrebbero mai sentirsi tali perché vittoria e sconfitta costituiscono i lati di una stessa medaglia, laddove i fallimenti sul campo e i risultati negativi necessitano di essere contestualizzati, offrendo sempre e comunque un'opportunità di rivincita.
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Nel suo primo libro, uscito il 27 agosto ed edito dal marchio Ultra Sport del gruppo Castelvecchi, Barbareschi riporta alla luce le dieci sconfitte più incredibili, epiche e devastanti della storia dello sport. «L’obiettivo era di andare alla ricerca di dieci storie relative a dieci sport diversi che evidenziassero modi differenti di perdere - racconta l'ex schiacciatore -, differenziati per il taglio, l’epoca, il contesto, persino nel canovaccio di colui che è sempre battuto o che ne è vittima per la prima volta dopo aver conosciuto solo trionfi. Il filo conduttore di tutte le storie è che non ci può essere sport senza vittoria e sconfitta. Non tratto l'insuccesso con leggerezza, perdere deve fare male a chi fa sport di alto livello. Purtroppo - e nel finale del libro l'autore ne parla - è ormai entrata nel linguaggio comune la citazione errata attribuita a De Coubertin secondo la quale sia importante solo partecipare. Messaggio sbagliato: si fa sport per vincere ma non sempre è possibile uscirne vittoriosi. C'è tuttavia uguale dignità in entrambe le componenti e con riferimento al libro ripenso a Luz Long, Raymond Poulidor, personaggi divenuti più gloriosi nella sconfitta che in un eventuale successo».
Altri esempi? «La nazionale di calcio del Montserrat, l'ItalVolley dei fenomeni ad Atlanta '96, la povera Jana Novotna e la sua rincorsa a Wimbledon, i Buffalo Bills del football americano e il Dream Team Usa nel basket, Myke Tyson e il golfista Van de Velde. Tra le innumerevoli storie possibili ho applicato una dura selezione». Che sia il trampolino per un'altra affascinante rassegna di perdenti di lusso?
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