Emi Gal: "Personale e su misura. La mia ricetta per la pubblicità online del futuro"
di JAIME D'ALESSANDRO
Nato a Bucarest, enfant prodige della francese Teads appena acquisita per 285 milioni di euro dal colosso olandese Altice, sta creando un nuovo sistema per gli spot in rete. Usando intelligenza artificiale, algoritmi e interazione. "Perché sul web ormai gli utenti vengono perseguitati da messaggi inutili e inefficaci"
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A 22 ANNI sbarcò in Inghilterra in cerca di fortuna. Era il 2009. Durante un incontro a Cambridge con dei possibili investitori, uno di loro gli disse sprezzante: "Lei viene da Bucarest, giusto? Perché non lascia perdere la tecnologia e torna al suo lavoro abituale". Emi Gal, che in Romania si era formato studiando informatica all'università, non aveva nessun lavoro al quale tornare. Quel progetto era tutta la sua vita. Oggi vive a New York, dove si è trasferito da un paio di mesi, e sorride ripensando a quell'episodio. Ad appena trent'anni, con Teads Studio, sta rivoluzionando il mondo della pubblicità online. Carriera veloce la sua, cominciata proprio a Londra, che lo ha portato ad essere la punta di diamante di un'azienda appena acquisita per 285 milioni di euro da Altice, colosso olandese delle telecomunicazioni fondata dal franco israeliano Patrick Drahi. E che intende creare un polo fatto di contenuti, offerta di connessione mobile e fissa e appunto una piattaforma pubblicitaria di nuova generazione alternativa a quelle esistenti.
"La pubblicità online è sempre meno efficace", spiega Emi Gal. "E' incapace di offrire risultati tangibili se non quello di contare click privi di significato e infastidire gli utenti". Lui usa invece intelligenza artificiale, algoritmi e big data, a volte mischiati con l'interazione. Grazie alla sinergia con le tv digitali e i servizi di Altice, sostiene di poter arrivare a distribuire su larga scala e in automatico un messaggio su misura per ogni persona. Unico e rilevante, sia per chi lo guarda sia per chi lo commissiona. "Questione di due e o tre anni massimo", assicura Gal. Per ora quel che riesce a fare e ricombinare il messaggio nei suoi vari elementi, dai testi alle sequenze video, in una serie di varianti che vengono mostrate in base alle diverse tipologie di pubblico. Tipologie stabilite dalla raccolta dei dati sulla navigazione, su quel che si guarda sulla smart tv, quali e quanti dispositivi digitali si hanno e ovviamente in base all'età, al sesso e al luogo di provenienza. Con l'aggiunta in certi casi della partecipazione attiva dello spettatore. Il suo sistema inRead Swing ad esempio consente di guardare una sfilata di moda sullo smartphone e muovendo il polso di cambiare gli abiti indossati dalle modelle che poi eventualmente si possono acquistare.
"Ho cominciato in Romania con l'idea di una tv diversa, si chiamava Brainient Tv, pensata per il nuovo pubblico della Rete", racconta Gal. "Si poteva cliccare su un'intervista e avere in tempo reale tutte le informazioni sull'intervistato, oppure di fare lo stesso con gli oggetti e i paesaggi di un reportage. Era una sorta di tv aumentata". Ed era anche una tv che in pochi capirono. Gal decise allora di applicare quella tecnologie al mercato pubblicitario, che in assoluto è fra i più ricchi. Parliamo di un giro di affari 542 miliardi di dollari nel 2016, che dovrebbero diventare 573 nel corso del 2017. La fetta dell'online vale 197 miliardi di euro, 2,7 dei quali vengono dall'Italia. Eppure i sistemi usati sono vecchi: spot pubblicitari che precedono i video su YouTube, il cosiddetto "pre-roll", così simile al Carosello; banner che ormai nessuno più nota; pubblicità assillanti che perseguitano l'utente dopo che ha compiuto un acquisto o visionato un'offerta. Eric Schmidt, presidente di Alphabet, la società che controlla Google, teorizzava una pubblicità pertinente e su misura già nel 2009. Peccato che poi la sua compagnia non sia riuscita ad andare lontano malgrado raccolga quantità impressionanti di dati sulla vita delle persone. Ma anzi è diventata lenta e poco innovativa, stranente proprio in un settore fondamentale come quello pubblicitario.
"Se sempre più persone usano i cosiddetti "ad block", i software per bloccare gli annunci online, la colpa è di come si fa pubblicità", continua Emi Gal. "Entro il 2018, circa il 30 per cento di chi naviga in Rete userà software del genere". Nel frattempo c'è la fuga degli inserzionisti da YouTube, stanchi di veder i loro spot associati a contenuti inappropriati o esplicitamente razzisti a causa degli algoritmi di Google che gestiscono tutto con poca trasparenza. Per la multinazionale di Mountain View, che ha una quota pari al 12 per cento per ogni dollaro speso in pubblicità nel mondo, questo scherzo potrebbe costare nel giro dei prossimi mesi 750 milioni di dollari.
"Nel 1994 comparve il primo banner sul sito di Hotwire che più tardi sarebbe diventato Wired", continua Gal. "Era una pubblicità della At&t. Venne aperta dal 44 per cento degli utenti. Fantascienza ai giorni nostri. Nel 2017, stando a Smart Insights, la media di chi clicca su un banner è scesa globalmente allo 0,05 per cento". Quanto basta per aprire le porte alle idee di Emi Gal per una approccio diverso. Durante i suoi sette anni a Londa con le pubblicità interattive è arrivato ad avere clienti in venti Paesi diversi. La sua Brainient è stata acquisita dalla Teads per 47 milioni di dollari nel 2016 e Gal è stato messo a capo della divisione Teads Studio, ricerca e sviluppo. Teads, azienda francese nata nel 2011 con un giro di affari da 200 milioni di euro, si è ricavata una nicchia offrendo spazi pubblicitari appetibili ai brand di alto livello in ambienti di profilo elevato. Parliamo di testate come il New York Times, Washington Post o Reuters.
Il sistema "outstream" è opera loro: un video che viene aperto al centro dell'articolo e che scompare se si scorre la pagina. L'inserzionista paga solo se il lettore vede il video per intero, il lettore può liberamente passare oltre e il video scompare automaticamente. "Entro cinque anni nel settore della pubblicità ci sarà una rivoluzione", promette Gal. "Non foss'altro perché non ci sono alternative. Deve trasformarsi in qualcosa di più simile a un contenuto, altrimenti rischia di morire". Vedremo se le cose andranno così. Soprattutto se questo scatto in avanti nato fra Bucarest, Parigi e Amsterdam porterà davvero al sorpasso sulla Silicon Valley come Gal e compagni sperano.