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Facebook conferma il ban per Trump, lui si rifà con un blog

A pochi mesi dai fatti di Capitol Hill e dalla sua espulsione da svariati social network,  l’ex presidente americano torna a farsi sentire in Rete a colpi di post

3 minuti di lettura

Donald Trump torna in Rete, ma stavolta è un blogger. L’ex presidente degli Stati Uniti ha messo online un sito che, stando agli annunci fatti nei mesi scorsi, si candidava a essere un social network alternativo a quelli da cui è stato espulso dopo la violenta invasione del Campidoglio avvenuta lo scorso 6 gennaio. 

Intanto per il momento è solo un semplice blog, intitolato “From the desk of Donald J. Trump”, incluso tra le sottosezioni del preesistente donaldjtrump.com, e presentato come «un luogo dove poter parlare liberamente e in tranquillità». Un blog realizzato da Nucleos, agenzia di servizi digitali fondata Brad Parscale, già manager della campagna elettorale di Trump. Un blog, soprattutto, i cui post possono essere contrassegnati con like (se ci si iscrive al servizio) e rilanciati con un clic su Facebook e Twitter, ma che almeno per il momento non è ancora possibile commentare. 

Forse per evitare di raccogliere tutta e subito la rabbia repressa dei tanti supporter trumpiani, quegli stessi che in passato si sono distinti per la veemenza dei commenti (per usare un eufemismo) e che oggi potrebbero inondare il nuovo spazio digitale con migliaia di commenti non troppo politically correct, portando nuovi grattacapi legali.

Fuori dai social
A gennaio l’invasione del Campidoglio è costata la vita a 5 persone e ha causato oltre 140 feriti. La ricostruzione dei fatti che ha preso corpo nelle ore e nei giorni successivi all’attacco ha gettato pesanti ombre sulla comunicazione online di Trump, sui suoi post e tweet che denunciavano brogli elettorali mai dimostrati e proclamavano una vittoria mai avvenuta. In breve tempo sono stati in molti a stigmatizzare quella comunicazione come una delle cause dell’aggressione armata a Washington, sino a spingere social network come Facebook, Twitter, Twitch e Snapchat a bloccare l’account dell’ex presidente, in alcuni casi a vita.

A oggi, solo Facebook si è preso la briga di riesaminare il caso: proprio in queste ore, il Facebook Oversight Board, gruppo indipendente, internazionale e potentissimo di saggi creato dallo stesso social network per verificare periodicamente le proprie policy, è tornato sul caso Trump e ha deciso di non riammetterlo per ora tra i suoi oltre 2,6 miliardi di persone. Il ban a vita dunque resta, vale ancora sia per Facebook sia per Instagram, ma è stato giudicato sproporzionato dal Board che quindi ha dato sei mesi di tempo al management di Facebook per sistemare le cose.

Una strada in salita

Intanto The Donald ha fatto da sé, e a essere sinceri non ha fatto ancora molto: i pochi post presenti sul suo Desk datano indietro sino al 24 marzo, segno che c’è stata un po’ di sperimentazione prima di aprire al pubblico. Leggendoli uno per uno, c’è da dire che l’autore non ha perso la sua verve polemica, né ammorbidito l’approccio verso gli avversari, mentre sembra già sulla giusta strada per riprendere il contatto diretto e disintermediato con il pubblico e, di riflesso, con i media. Per capirlo, basta guardare da quante testate sia già stato ripreso il recente post in cui definisce il repubblicano Mitt Romney «a stone cold loser», ovvero «un perdente totale», dopo che quest’ultimo era stato fischiato durante un intervento pubblico.

Difficile dire in questa fase se l’operazione avrà successo: solo su Twitter, al momento dell’espulsione, Donald Trump aveva quasi 88 milioni di follower, un pubblico enorme che lo seguiva e interagiva con lui anche e soprattutto perché i meccanismi complessi e articolati del social network (ben oliati da anni di evoluzione) consentivano e potenziavano questa interazione. Trasferire quell’audience e quel dialogo altrove, anche se si tratta di uno strumento collaudato e potenzialmente ancora efficacissimo come un blog, non è cosa facile né scontata. 

Resta il fatto che in Rete il successo di ogni piattaforma dipende sia dal numero di persone che scelgono di usarla (e i supporter di Trump non sono pochi) sia dalle motivazioni che li spingono, e che nel caso specifico non sembrano affatto mancare. 

“From the desk of Donald J. Trump” potrebbe essere un grande successo, uno spazio da cui i fan dell’ex presidente potrebbero tornare a inondare Twitter&co con i post del presidente, facendosi suoi “evangelisti” e aggirando il ban che lo relega in esilio. 

Un’altra possibile conseguenza potrebbe essere che l’operazione riporti in auge i blog a scapito dei social network, spingendo molti a rivalutare l’indipendenza e il controllo delle proprie informazioni e della propria identità digitale che i vecchi weblog da sempre assicurano. Se così fosse, allora potremmo dire ancora una volta che non tutto il male viene per nuocere.