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Così la pandemia ha dato una spinta agli eSport, anche in Italia

Così la pandemia ha dato una spinta agli eSport, anche in Italia
Secondo un'indagine di Deloitte, un’italiano su due tra i 16 e i 65 anni li conosce e li ha visti, ma mancano ancora investimenti importanti
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Che la pandemia abbia accelerato alcune tendenze già in essere ormai da qualche anno non è una novità, ma in alcuni casi, come negli eSport, l’impulso ricevuto è stato particolarmente forte.

Con gli sport tradizionali fermati dalla Covid-19, molti atleti hanno iniziato a giocare a calcio o a basket nei campi virtuali, per non parlare dei piloti di Formula 1 che si tenevano in forma gareggiando in diretta su Twitch.

Ovviamente non è stata la stessa cosa, ma il risultato è che alcune persone con un grande seguito hanno improvvisamente esposto i loro fan ai videogiochi competitivi molto più che in passato e i risultati si sono visti, anche in Italia.

Li conosce un italiano su due
Secondo un'indagine di Deloitte, un italiano su due nella fascia tra i 16 e i 65 anni ha visto contenuti legati agli eSport nell’ultimo periodo. Una cifra importante che mostra le capacità di un fenomeno che ogni anno sembra debba finalmente esplodere, ma che alla fine per qualche motivo resta confinato, nonostante gli investimenti sempre più interessanti.

Secondo questa indagine, che ha coinvolto 20mila persone in 12 Paesi e regioni europee, gli italiani sono tra i fruitori più regolari di contenuti eSport, superati solo da spagnoli e polacchi: il 27% di consumatori italiani guarda contenuti di questo tipo almeno una volta alla settimana. Sono soprattutto persone con meno di 40 anni, appartenenti alle cosiddette Generazione Z (17%) o Y, cioè tra i 26 e i 40 anni (46%); hanno inoltre livelli di educazione mediamente elevati (76%) e un lavoro (81%).

Un dato importante riguarda proprio il cambio di passo attuato durante la pandemia: il 54% di questo pubblico potenziale ha detto di avere iniziato a seguire gli eSport proprio nel 2020, durante il lockdown. L’audience femminile ha fatto registrare l’aumento più significativo, con un incremento di più di 2 volte e mezzo, contro le due volte scarse dei consumatori maschi. Resta comunque ancora contenuta rispetto a quella maschile la presenza femminile tra gli spettatori di eSport italiani, visto che parliamo di circa il 41%.

Purtroppo, come è accaduto in molti altri casi, l’aumento di pubblico non ha portato direttamente a un aumento di investimenti: sia perché le aziende hanno dovuto rivedere i bilanci sia perché mancavano gli eventi dal vivo (da sempre una delle forme di sponsorizzazioni più richieste), ma anche per un surplus di eventi gratuiti, che hanno reso complessa la monetizzazione.

Se il pubblico c’è, al momento lo scoglio più grande, come abbiamo già visto, riguarda proprio gli investimenti, la mancanza di incentivi e il bisogno di guardare sul lungo termine e non su un ritorno immediato, che spesso non c’è, perché il settore non è ancora stabile e ci sono molte variabili in gioco: “Il settore degli eSport continua a essere, in Italia e in Europa, un settore giovane, dinamico e fortemente orientato al consumatore, che di conseguenza continua ad avere una visione positiva del proprio futuro - ha spiegato Francesca Tagliapietra di Deloitte Italia - Se l’intero ecosistema degli eSport continuerà a focalizzarsi sul quadro complessivo e metterà da parte gli interessi di breve periodo nell’ottica di uno sviluppo di lungo periodo, ci sono buone possibilità che gli eSport riusciranno a prosperare e a raggiungere un successo sostenibile”.