Mentre migliaia di dipendenti si preparano a lasciare Twitter dalla porta principale, tagliati dal nuovo proprietario Elon Musk e dalla sua cerchia di consulenti, uno speciale team di oltre 50 ingegneri sarebbe pronto a sgattaiolare nel quartier generale di San Francisco dalla porta sul retro, possibilmente lontano dai flash dei fotografi.
Il motivo è chiaro. I nuovi sviluppatori sono in realtà una vecchia conoscenza di Musk: gran parte di loro lavora in Tesla, la casa automobilistica che produce supercar elettriche. Due ingegneri sono invece presi in prestito da The Boring Company, l’azienda che scava tunnel per risolvere il problema del traffico delle grandi metropoli. Uno invece proviene da Neuralink, che sviluppa interfacce neurali impiantabili. Tutte e tre le aziende sono di proprietà di Elon Musk.
È quanto sostengono Cnbc e Bloomberg, che riportano altri dettagli dell’operazione: gli ingegneri di Tesla sarebbero stati selezionati, in gran parte, dall’area che si occupa di sviluppare il software per la guida autonoma. Il loro compito sarebbe quello di contribuire alla revisione del codice di Twitter, per individuare problemi ed eventuali bug.
È curioso che la squadra speciale chiamata a risolvere le grane di Twitter non sia ancora riuscita a scrivere il software che tolga dai guai Tesla. Sugli ingegneri selezionati da Musk, infatti, incombe da tempo un compito gravoso: rendere il sistema di guida autonoma di Tesla - chiamato Full Self-Driving - veramente autonomo. In sintesi, Tesla vende per 15mila dollari un aggiornamento del software ingannevole perché, dicono le autorità statunitensi, le vetture su cui è installato richiedono ancora l’intervento dell’uomo.
Come se non bastasse, alcuni ingegneri Tesla spostati su Twitter hanno detto - in via confidenziale ai giornalisti - che le loro competenze nello sviluppo di software per auto non si addicono alla programmazione degli elementi che caratterizzano un social network.
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Ma Musk vuole cambiare Twitter a ogni costo. E vuole farlo subito, con tutte le risorse che ha a disposizione. Ai dipendenti del social è stato già chiesto di prepararsi a lavorare 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. “Altrimenti il vostro posto è a rischio” si sono sentiti dire dai manager dell’azienda.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Evan Jones, product manager a Twitter, ha pubblicato la foto di una collega che dorme in ufficio, sul pavimento, avvolta da un sacco a pelo. Lei si chiama Esther Crawford, fa parte del team early stage products e ha commentato così l’immagine: “Quando il tuo team fa pressione per rispettare le scadenze può succedere di dormire sul posto di lavoro”.
“Lavoro con persone incredibilmente talentuose e ambiziose e questo non è un momento normale. Siamo a meno di una settimana da una massiccia transazione commerciale e culturale - ha aggiunto Crawford -. Fare cose difficili richiede sacrificio, tempo ed energia. Ho colleghi in tutto il mondo che si stanno impegnando per dare vita a qualcosa di nuovo, quindi per me è importante essere presente, per loro, e mantenere la squadra operativa”.
Esther Crawford aggiunge anche un hashtag, #LoveWhereYouWork. Il suo, al momento, non è un sentimento che attraversa gli uffici di Twitter. A fine ottobre scorso, nei giorni in cui Musk stava per completare l’acquisizione del social, è circolata la bozza di una lettera degli impiegati di Twitter rivolta a Musk e al vecchio consiglio di amministrazione. In quel documento si chiedeva, tra le altre cose, “una condizione di lavoro dignitosa” e la promessa di preservare gli accordi già stipulati con l’azienda, tra cui “il lavoro da remoto”.
Puntando sugli ingegneri Tesla, l’imprenditore va sul sicuro. Parliamo di dipendenti abituati ai ritmi che pretende l’imprenditore, alle sue pressioni, alla sua idea di lavoro talvolta estrema. Nel documentario “The Elon Musk Show”, che la Bbc ha appena trasmesso in Inghilterra, gli ex collaboratori dell’imprenditore raccontano di averlo visto rosso in viso, per la rabbia, quando entrando in ufficio alle 9 di sera non trovava nessuno al lavoro.
Le pretese dell’uomo più ricco del mondo sono altissime. Non potrebbe essere altrimenti per un uomo che sostiene di lavorare “16 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, per 52 settimane all’anno”. “E le persone ancora dicono che sono fortunato” aggiunge ogni volta l’imprenditore.
Ai dipendenti di Twitter, Musk ha fatto capire che lo smart working - concesso “per sempre” dal precedente amministratore delegato Parag Agrawal - non sarà più ammesso.
Gli impiegati Tesla, invece, hanno già metabolizzato l’obbligo alla presenza: con una mail inviata a giugno scorso, Musk ha comunicato che il lavoro da remoto, autorizzato nel periodo più buio della pandemia, “non è più accettato”.
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Tirando un po’ la stessa coperta, insomma, Musk intende risollevare le sorti di Twitter risparmiando sul costo del personale.
Gli organigrammi delle aziende di Musk presentano già dei dipendenti in comune a tempo pieno. Per esempio Charlie Kuehmann, che ricopre il ruolo di President of Materials in Tesla, è anche un vicepresidente di SpaceX. Quando invece un impiegato di un’azienda viene spostato temporaneamente a un’altra, generalmente viene pagato in più per la consulenza.
Ma a volte succede che questi ‘interventi’ d’urgenza, come quello studiato per Twitter, non vengano retribuiti. I dipendenti vengono messi nella condizione di accettare, perché il lavoro straordinario, sotto Musk, viene presentato come un’opportunità di avanzamento di carriera.