La ricerca di Filter Bubble restituisce 149 milioni di risultati. Si tratta di una prima misura di quanto si sia diffuso nel tempo il termine, coniato dall'attivista internet Eli Pariser nel suo libro, del 2011, “The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You”, secondo cui gli utenti vengono esposti di meno a punti di vista conflittuali e sono isolati intellettualmente nella propria bolla di informazioni.
Nel libro Pariser avverte che un potenziale difetto della ricerca filtrata è che "ci taglia da nuove idee, argomenti e informazioni importanti" e critica Google e Facebook accusandoli di offrire agli utenti "troppe caramelle, e non abbastanza verdure», poiché ritiene che gli "algoritmi invisibili che modificano il web" potrebbero "limitare la nostra esposizione a nuove informazioni e restringere la nostra mentalità".
Da allora, nel tempo si è generata nella collettività un’erronea percezione al riguardo anche grazie all’errata sovrapposizione tra filter bubble ed echo chamber, che invece sono due cose diverse. Una echo chamber è ciò che potrebbe accadere quando siamo sovraesposti a notizie che ci piacciono o con cui siamo già d’accordo, potenzialmente distorcendo la nostra percezione della realtà perché vediamo troppo di una parte, non abbastanza dell’altra, e cominciamo a pensare che forse la realtà sia veramente così.
Le Filter Bubble, invece, descrivono una situazione in cui le notizie che non ci piacciono o con cui non siamo d’accordo vengono automaticamente filtrate e questo potrebbe avere l’effetto di restringere ciò che conosciamo.
Al di là di questo equivoco di base, l’impressione è che in realtà la Filter Bubble sia insita nella natura della stragrande maggioranza degli individui. Non abbiamo quasi mai visto un elettore di centro-destra acquistare un giornale di centro-sinistra. Così come non abbiamo quasi mai attivisti “pro-vita” andare a braccetto con chi è a favore di aborto e eutanasia. Giusto per esemplificare concretamente.
Sul tema arrivano ora i risultati di un sondaggio condotto da SWG all’inizio di questo mese su un campione di italiani rappresentativo della popolazione maggiorenne nel nostro Paese. Secondo il sondaggio il 60% degli italiani ritiene almeno in parte, se non del tutto, uno spreco di tempo discutere con persone che hanno idee diverse dalle proprie. Risultati che non lasciano spazio a dubbi su quale sia l’attitudine prevalente a rinchiudersi nelle proprie certezze e convinzioni.
Insomma, semplificando per sintesi, la filter bubble siano noi. Lo vediamo ogni qualvolta avvengono delle discussioni online su temi di attualità, con gli opposti schieramenti che si affrontano a colpi di informazioni parziali, e di parte, come emerge chiaramente anche dalle nostre analisi condotte in occasione delle elezioni del 25 settembre scorso.
