Apri il giornale, ormai è una gara: tutti contro la DAD. È come sparare sulla Croce Rossa. L’opposizione che prova a guadagnare qualche voto, e poi c’è il fuoco amico «di posizionamento» contro il Ministro Bianchi. Tutti ripetendo che la DAD non ha funzionato e che è urgente ritornare in presenza. Ma dai? Come se ci fosse qualcuno che sostiene il contrario! Ecco, da gestore di una delle tre piattaforme che la DAD l’ha permessa, non ci sto.
Il modello che noi addetti ai lavori proponiamo da anni è un modello ibrido, diffuso in molti Paesi europei, in cui la presenza in aula la mattina è fondamentale, e le piattaforme aggiungono una dimensione digitale sia in aula sia il pomeriggio da casa che rende la didattica più partecipativa, fa collaborare i ragazzi e dà agli studenti un ruolo più attivo.
La didattica digitale della pandemia è stata un disastro non solo perché mancava la parte in presenza, ma soprattutto perché il 96% dei docenti (fonte: Indire) hanno solamente riproposto lezioni frontali, tenendo i ragazzi su Zoom 5 ore al giorno. Insomma: il peggior modo in assoluto di usare il digitale.
Tutti a gara a citare gli Invalsi: qualcuno si è chiesto che Invalsi avremmo avuto senza DAD? L’alternativa alla DAD – i cui servizi sono stati erogati da tutte le piattaforme a titolo gratuito, sopportando importanti perdite economiche, ma questo nessuno lo sa ed è poco cool parlarne – era il vuoto cosmico.
Strumentalizzare la DAD nel dibattito politico fa danni perché rischia di far passare il messaggio, in un sistema scolastico poco digitale e con una didattica molto simile a cinquant’anni fa, che il problema sia la tecnologia e non la didattica. Si rischia post-pandemia di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Ed è ingiusto anche nei confronti dei docenti, che hanno fatto uno sforzo incredibile provando a reinventarsi da soli o quasi, e che sono insieme al personale sanitario gli eroi di questi 18 mesi.
Stiamo guardando il dito invece della luna: dovremmo parlare di didattica, invece che demonizzare la tecnologia tout court. Parliamo piuttosto di come evitare che le poche classi che torneranno in DAD a ottobre vivano la stessa DAD «televisiva» dell’anno scorso. Parliamo di come incentivare (sì, anche economicamente) e formare i docenti a una didattica ibrida che aiuti i ragazzi a sviluppare le competenze del terzo millennio. Insomma: parliamo di come il post-pandemia può essere una grande occasione di rinnovamento delle metodologie didattiche e della scuola in generale. Accanirsi contro Zoom non serve veramente a niente.