Quando Time magazine ha proclamato “persona dell’anno” Elon Musk, dagli Stati Uniti e da altrove sono arrivati due prevedibili cori opposti. Chi ha criticato la scelta ha ricordato l’opposizione di Musk verso le ordinanze anti-Covid, la disinformazione sui vaccini sparsa su Twitter, i comportamenti antisindacali delle sue aziende. O ancora, le pochissime tasse pagate sul suo patrimonio e i suoi costanti insulti contro chiunque proponga di tassare più equamente i megamiliardari (gli ultimi a ricevere il “trattamento Musk” su Twitter sono stati i senatori democratici Bernie Sanders ed Elizabeth Warren).
I fanatici di Musk si sono rifugiati invece nella celebrazione del suo mito. Gli aspetti più controversi di Musk conterebbero poco rispetto al suo genio e alla missione epocale intrapresa da quest’uomo. La docente di storia politica Jill Lepore, autrice di una serie di podcast su Musk (The evening rocket, prodotta dalla Bbc), ha ricordato di recente che c’è qualcosa di simile a un culto intorno a lui. “Una figura messianica: così lo presenta la Tesla. E lui abbraccia questo ruolo”.
In tutto il mondo, la figura di Musk è avvolta da uno strato di narrazione mitizzante (inclusa quella che lui fa di sé) basata su alcuni motivi ricorrenti: il genio in grado di portarci nel futuro, il destino di uomo eccezionale, l’eroe che prova a salvare il pianeta. Eppure sono miti che, a ben guardare, appaiono meno univoci di quanto sembrano a prima vista.
Tra passato e futuro
Elon Musk creatore di futuro, imprenditore visionario, qualcuno con lo sguardo puntato più in là. Se questa è la sua fama più diffusa, può lasciare allora sorpresi, in qualche modo, la motivazione del riconoscimento di Time: “Lui è diverso. È un magnate dell'industria manifatturiera – muove metalli, non byte. I suoi razzi, costruiti da zero grazie a una visione rivoluzionaria da autodidatta, hanno rinvigorito i sogni spaziali dell'America. E se Tesla mantiene le sue promesse, può sferrare un grosso colpo contro il riscaldamento globale. L'uomo che sembra venire da un futuro dove la tecnologia rende tutto possibile è anche un ritorno al nostro glorioso passato industriale, prima che l'America ristagnasse e smettesse di produrre niente altro che regole, restrizioni, limiti, ostacoli e Facebook”.
Il tono nostalgico di queste parole sembra rimandare al fantasma di un eroico mondo perduto più che ai complessi scenari delle sfide future. Prima che l’America “ristagnasse” esistevano le cose, la produzione di macchine, il programma spaziale. È in questo incontro di nostalgia e futurismo che si situa il vero richiamo di Elon Musk. Ciò che Musk vende in realtà è una promessa di progresso come lo immaginavamo da bambini: meraviglie tecnologiche e nuovi orizzonti dell’espansione umana. Connessioni neurali artificiali (quelle studiate dalla sua azienda Neuralink) e connessioni satellitari (quelle del suo programma Starlink), viaggi interplanetari e colonizzazioni marziane (SpaceX, il cuore ultimo del suo impero).
Soprattutto, ci restituisce il conforto di un futuro senza apparenti sacrifici; in cui potremo, ad esempio, continuare a basare la nostra vita sulla proprietà individuale di auto (purché si tratti di una Tesla elettrica); e nel frattempo metterci in lista, o piuttosto sognare di farlo, per un costoso viaggio nello spazio. La potenza di questa promessa è tale da aver reso Musk l’individuo più ricco della storia umana. (Tecnicamente, questo primato non è tanto dovuto, come suggerito da Time, al fatto di costruire cose, bensì ai movimenti di borsa che hanno gonfiato le azioni Tesla durante la pandemia.)
Salvare la Terra?
Quando Musk cita fra le sue ispirazioni la fantascienza classica e Guida galattica per autostoppisti, conferma di essere un visionario, sebbene legato a visioni forse già vintage. In un’epoca di urgenze esistenziali globali, molti si chiedono se possiamo permetterci questo tipo di visioni.
Una versione più umile e realistica di Musk farebbe altro per la salvezza del pianeta, prima di immaginare colonie marziane come piano di riserva per quando la Terra sarà inabitabile? E davvero troviamo normale discutere i piani per la futura salvezza umana fantasticati da un singolo individuo? Nella sua nostalgia, Time sembra dimenticare qualcosa: cinquant’anni fa, la corsa spaziale era guidata dalla competizione fra USA e URSS. Pur con ovvi motivi di propaganda, si trattava di imprese collettive. Oggi è guidata dalla competizione fra i due individui più facoltosi del mondo (Elon Musk e Jeff Bezos). Il primo passo di un uomo sulla Luna fu “un grande passo per l’umanità”; il primo passo su Marte sarà un evento corporate, con modalità e scopi decisi da un astroimprenditore privato.
Maschio alfa
Secondo Jill Lepore, il capitalismo estremo incarnato da Musk è nuovo soltanto di facciata, e in realtà antichissimo: plutocratico, regressivo, quasi feudale; “è come se ci fossero questi padroni e il resto di noi siamo i servi della gleba e i nostri destini sono nelle loro mani. Credo che l’idea che ci sia qualcosa di fortemente innovativo e dirompente in Musk sia di fatto parte della sua stessa auto-mistificazione".
C’è un altro elemento classico del capitalismo estremo che sembra incorporato nel mito di Musk: il culto dell’individuo-imprenditore eccezionale. È grazie a questa eccezionalità che i seguaci non sembrano troppo turbati dal suo rifiuto di pagare tasse più eque, dalle sue intemperanze caratteriali, dalla sua storia di ragazzo bullizzato diventato forse un adulto bullo (a giudicare dai racconti di come terrorizza i dipendenti, o da come usa la popolarità sui social per deridere e insultare pubblicamente gli avversari).
È su Twitter, soprattutto, che Musk mostra i difetti caratteriali del suo personaggio. Al tempo stesso, sa come rendere quel personaggio una fonte di intrattenimento. La sua popolarità è aumentata dopo l’estromissione dalla piattaforma di Trump, di cui ha preso il ruolo di comunicatore instabile, irriverente, scorretto, aggiungendo un suo particolare stile di umorismo demenziale. La sua foto-profilo è un missile chiaramente fallico.
Time ha scritto di lui che è un “clown, genio, provocatore, visionario, industriale, showman”. Proviamo una fascinazione, nel bene o male, per i personaggi sfaccettati e complessi, e per le figure di trickster imprevedibili. Siamo coinvolti dai personaggi che prendono rischi, e Musk ne ha presi di notevoli nella sua storia di imprenditore; dai personaggi che hanno subito sufficienti sfortune personali da suscitare in noi qualche empatia; e da quelli che, come tutti noi, lottano di continuo per conquistare o mantenere una forma di status sociale. Nonostante le provocazioni, la ricchezza sfrontata e gli atteggiamenti da maschio alfa, Musk appare ancora, a volte, come un uomo a disagio nella sua pelle, ansioso di piacere agli altri e dimostrarsi l’anima della festa. È questo l’effetto ottenuto quando è stato ospite speciale in una puntata del Saturday Night Live.
Tutto questo, però, senza dimenticare che la continua esposizione di Musk non è casuale. Il culto del suo personaggio è coltivato strategicamente. È noto che la Tesla non destina budget alla pubblicità: Musk è la pubblicità. La sua personalità imprevedibile e sfaccettata è una macchina genera-attenzione. I suoi tweet a volte misteriosi sono pensati per creare panico o aspettativa intorno alle sue mosse aziendali. Quasi sessantasette milioni di seguaci lo hanno reso uno degli influencer più potenti del mondo.
Specchio della società
In ultima, cosa dice la popolarità di Musk sulla nostra psicologia collettiva? Lo scrittore Douglas Coupland, ricordato per Generazione X, ora cultore di Musk, lo ha chiamato lo “Übermensch di Silicon Valley”. Time paragona Musk a Doctor Manhattan, il dio-uomo personaggio di Watchmen. Più spesso viene paragonato a un altro personaggio di fumetti, Tony Stark, il magnate che utilizza la sua ricchezza per diventare il supereroe Iron Man (Musk è apparso in un film di Iron Man, e sembra aver fatto consulenza all’attore Robert Downey Jr per aiutarlo a entrare nel personaggio protagonista).
Un uomo di ambizione galattica e sterminato potere economico è visto come un faro da una classe media nostalgica o semplicemente disorientata. Qualcuno che ha concentrato una ricchezza così enorme da avere qualcosa di trascendente – e lo ha fatto anche grazie alle disfunzioni del capitalismo contemporaneo – ci offre soluzioni dalle crisi create dal capitalismo. Non è certo la cosa più strana che sta avvenendo di questi tempi, ma non possiamo stupirci se qualcuno resta scettico.
*Marco Mancassola è romanziere e docente di scrittura. Vive a Londra.