Insomma, su Facebook e Instagram possiamo inneggiare alla morte. La morte di Putin e quella dei soldati russi impegnati nell’invasione dell'Ucraina. Lo dice un documento interno di Meta, la società capo del gruppo di Mark Zuckerberg: "Temporaneamente si potrà fare”. E non si può non avvertire un senso di vertigine. Uno spaesamento. Devi morire, come quando un giocatore della squadra avversaria finisce a terra in uno scontro, e lo stadio lo urla in coro “devi morire”, secondo un macabro ma innocuo copione teatrale. Ma non siamo in uno stadio, questa non è un gioco è una guerra.

Uno dei possibili effetti della violenza è di farci diventare violenti, come l'intolleranza può farci diventare intolleranti. Non sono qui a fare filosofia spicciola ma il rischio in casi come questi è quello di diventare come i nostri avversari. Perdere i principi in cui crediamo, e quindi noi stessi. Quando si fermano i corsi universitari su Dostoevskij o quando si vieta ad atleti paralimpici di partecipare ad una gara che attendono da anni, c’è qualcosa che va oltre la solidarietà con l'Ucraina e il desiderio di portare aiuto anche punendo gli invasori.
