Lo avrete letto e visto già ma vale la pena di tornarci: 50 anni fa, il 3 aprile 1973, ci fu la prima storica telefonata da un telefono cellulare. L’ingegner Martin Cooper, che lavorava alla Motorola e che ai tempi aveva 44 anni, convocò i giornalisti sotto l suo ufficio a New York, scese in strada e chiamò il rivale dell'azienda AT&T per comunicargli in diretta che aveva perso la gara per la prima telefonata senza fili.
Ci sono voluti poi dieci anni per avere il primo modello di cellulare sul mercato; e altri 24 prima che il telefono con Steve Jobs diventasse smart, cioè quel contenitore infinito di applicazioni di cui non possiamo fare a meno. Ecco, di questa pietra miliare oggi ne sentirete parlare molto. Quello che ci dimentichiamo di ricordare è che nella storia dell’umanità tutte le grandi innovazioni si devono non solo alla visione e alla ostinazione di chi le ha realizzate ma anche al lavoro di chi è arrivato prima, a chi ha aperto una strada. Da cui la famosa espressione: sediamo sulle spalle dei giganti. E in questo caso il padre del wireless, il gigante che sta dietro la rivoluzione senza fili è Guglielmo Marconi: di lui, con qualche approssimazione, abbiamo studiato che ha inventato la radio. Quello che sicuramente Marconi ha inventato è la comunicazione senza fili, la trasmissione di segnali wireless. Da cui poi sono nate la radio, la televisione, il radar e persino il forno a microonde; e lo smartphone. È bene ricordarselo in questi giorni in cui in Italia soffia un vento gelido sull’innovazione: nel giro di pochi giorni abbiamo bloccato ChatGPT, vietato la carne sintetica, osteggiamo l’auto elettrica e pure l’idea di avere delle case energicamente efficienti ci sembra un sopruso. Sembriamo un Paese che ha fretta di andare nel passato.
Il formidabile discorso di Mattarella per il clima

Eppure ad andarci davvero, nel passato, scopriremmo che è pieno di italiani che non avevano paura di cambiare il mondo e provare a renderlo migliore. Che sperimentavano invece di vietare. Che rischiavano invece di arroccarsi. Dovremmo ripartire da lì: ne saremo capaci?