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Smart working, le sole tecnologie non bastano

Smart working, le sole tecnologie non bastano
Uno studio Anitec-Assinform fa il punto sulla diffusione del lavoro agile nel settore Ict. Le imprese hanno sfruttato le conoscenze hi-tech, ma non sono mancate le criticità, a partire dalla gestione del work-life balance
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L'adozione dello smart working, improvvisa e massiccia, ha rappresentato un'impegnativa sfida anche per le aziende nel campo dell'Information and communication technology (Ict). Molti aspetti del lavoro agile vanno infatti ben al di là della semplice tecnologia. Basti pensare al cosiddetto work-life balance, ovvero al corretto equilibro fra le esigenze lavorative e quelle della vita privata che lo smart working, a causa della sua pervasività, ha messo a dura prova.

A quasi due anni dal lockdown della primavera del 2020, quando è iniziata la grande corsa allo smart working, Anitec-Assinform, l'associazione italiana per l'Information and communication technology (Ict), ha così deciso di effettuare un sondaggio fra i propri associati per offrire un contributo alle riflessioni in corso sulle opportunità e i limiti delle esperienze di smart working, indicando alcune condizioni per un efficiente utilizzo delle tecnologie per garantire ai lavoratori una piena conciliazione vita-lavoro e alle imprese di conseguire maggiori ritorni in termini di produttività.

Dall'indagine è emerso che i risultati dell'impiego del lavoro agile sono stati complessivamente "positivi", anche perché il settore dell'Ict si presta particolarmente bene a questa organizzazione del lavoro. I loro clienti richiedono spesso la presenza di un tecnico presso le loro sedi e, oltre a ciò, hanno bisogno di un'assistenza da remoto 24 ore su 24.

Nel settore Ict il primo passo compiuto dalle aziende è stato quello di fornire la giusta informazione ai colleghi. In seconda battuta hanno definito i processi attuativi e chiarito gli strumenti di supporto necessari allo smart working. Nella quasi totalità dei casi, le aziende hanno predisposto un accordo che garantisce il lavoro agile al 75%. L'accordo ha riguardato in particolar modo l'uso corretto degli strumenti aziendali, sicurezza sul lavoro, riservatezza e privacy.

Con il ritorno alla "normalità", alcune aziende si stanno organizzando con il desk sharing per i dipendenti che in parte si recano in ufficio. La maggior parte delle aziende ha inoltre fornito pc portatili ai propri dipendenti, ampliato le reti vpn e la connessione e formato i dipendenti in particolare sulle piattaforme condivise.

Per i manager e i coordinatori le iniziative formative sono state focalizzate sul potenziamento delle soft skill e sulla cultura manageriale, mentre per i dipendenti coinvolti nel lavoro agile gli interventi sono stati finalizzati a semplificare l'accesso a un nuovo modo di lavorare, a interagire, a collaborare ma anche a nuove regole. La maggior parte delle aziende si è comunque fatta trovare pronta dall'imprevisto: avevano già applicato prima del lockdown quanto necessario per garantire che il lavoro agile venisse svolto in piena sicurezza.

Non sono però mancate le criticità. Fra queste spiccano l'impatto psicologico che il lavoro agile ha sul dipendente e la perdita del senso di comunità e di appartenenza aziendali. Ci sono poi il disagio di alcuni dipendenti per i tempi prolungati dell'attività lavorativa da remoto e la mancanza di spazio in casa. Per quel che riguarda, infine, i nuovi modelli di leadership, lo studio di Anitec-Assinform rileva come i modelli di lavoro agile richiedano un iniziale super-lavoro e uno sforzo di adattamento.

"La sicurezza informatica è al centro della trasformazione digitale e lo è ancor più con l'impiego, sempre più di massa, del lavoro agile - conclude il paper di Anitec-Assinform -. Spostarsi da un luogo di lavoro fisico a uno digitale implica un aumento dei rischi cibernetici. Ciò è dovuto a un'espansione del perimetro aziendale che si ha con l'introduzione del lavoro agile. Adottare lo smart working come strumento principale dei rapporti di lavoro e di produzione anche nel periodo post-pandemia implica la necessità di monitorare gli attacchi informatici e le minacce, migliorare le conoscenze, le competenze e la formazione".