In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Giorgio Montorio, 50 anni di carriera da Teddy Bob a Diabolik

Mostra dedicata all'illustratore mantovano dall'11 aprile a La Bottega di via Calvi. Esposti anche i disegni infantili su Paperino, nel cassetto le storie delle Amazzoni

di Luca Ghirardini
3 minuti di lettura

MANTOVA. Diabolik ed Eva Kant arrivano a Mantova. Non c’è però da temere un’ondata di furti clamorosi. Al contrario, viene lanciata un’iniziativa benefica. L’occasione è data dai 50 anni di carriera di Giorgio Montorio, il mantovanissimo, storico inchiostratore del ladro più famoso del mondo dei fumetti. Dall’11 aprile la storia artistica e professionale di Montorio sarà in mostra a “La Bottega” di via Calvi, a Mantova. Una storia che parte dal primo disegno a fumetti, realizzato all’età di sei anni copiando le storie di Paperino e poi ancora di Tex Willer, per arrivare all’attualità, con Diabolik, e con uno sguardo, chissà, al futuro, visto che non mancano idee nel cassetto per nuove storie.

Da San Matteo a Mantova. Giorgio Montorio nasce a San Matteo delle Chiaviche nel 1940. All’età di 5 anni si trasferisce a Mantova, in vicolo Chiodare, dove rimarrà a lungo, spostandosi poi in via Cavour per approdare, dopo il matrimonio, a Villaggio Eremo, dove abita tuttora. È dai 10 anni in poi che sviluppa in modo definitivo la passione per i fumetti: «Realizzavo giornalini completi - racconta - con intere storie ed anche i cruciverba». Inevitabile che con una simile passione, si segua un percorso scolastico votato all’arte. Nulla di tutto questo: «Ho fatto le scuole commerciali, perché i miei mi volevano impiegato di banca, l’opposto di quello che avrei desiderato» ricorda. Finisce le scuole (e sottolinea «in modo disastroso») ma, nel frattempo, segue un corso per corrispondenza per imparare le basi del disegno, con materiale realizzato da grandi illustratori. Realizza dei disegni e porta il materiale alla Mondadori.

La leva. I suoi lavori piacciono, potrebbe essere assunto, ma c’è un ostacolo: il servizio militare di 18 mesi. Parte come recluta a Palermo e approda a Foggia: «Ma non sparai nemmeno un colpo - racconta ancora -: ero tra i sottufficiali, notarono subito la mia predisposizione e mi utilizzarono a fare disegni per tutti». Non senza incidenti di percorso: «C’era una festa. Mi invitarono a realizzare la caricatura di un comandante “cattivo”. Fui molto efficace e il lavoro piacque a tutti. Tranne che al diretto interessato». Che è colui che decide le licenze. «E non tornai più a casa fino al congedo».

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Montorio, tre immagini in vendita: si raccolgono fondi per Mantova]]

Sansoni. Libero da impegni militari, Montorio, con la sua cartella, torna a bussare alle porte degli editori. Prova con la Corno, non va. Funziona, invece, con Gino Sansoni, marito di Angela Giussani, ideatrice con la sorella Luciana del personaggio di Diabolik, editrice Astorina. «Gino Sansoni era una fucina di idee - ricorda Montorio -: avviò una lunga serie di iniziative editoriali, spesso di scarso successo, magari perché erano in anticipo sui tempi, come nel caso di Horror, un Dylan Dog ante litteram. Ma è stata una grande scuola per molti». Con Sansoni, Montorio disegna un suo personaggio, Teddy Bob, ideato da Pier Carpi, lo scrittore emiliano morto a Viadana nel 2000. È il 1966, va avanti per 10 anni.

Astorina, atto primo. La casa editrice finisce male, ma Bruno Fiumali, grafico di Diabolik, che nel frattempo va alla grande, si ricorda si Montorio e del suo tratto (Astorina e Sansoni, peraltro, hanno sede nello stesso palazzo di piazza Cadorna a Milano). Comincia la collaborazione come inchiostratore, un ruolo fondamentale: «Un buon inchiostratore - spiega Montorio - deve saper valorizzare e non rovinare l’opera del matitista». Viene apprezzato soprattutto per la bravura nel valorizzare le figure femminili, a partire da Eva Kant, ma anche con Le Amazzoni, fumetto da lui creato per Silvano Scotto. A Diabolik esordisce con l’epidosio Tre porte sbarrate, e del suo secondo numero, L’assassino ha telefonato, disegna anche la copertina (ora non si usa più). È il 1976, Diabolik costa 250 lire. Resta fino al 1981.

Gli altri. Nel frattempo, pubblica anche per l’editore Nerbini l’albo Pisellino nel regno di Re Pescione, realizza un episodio di Mister No per Bonelli e lavora per quasi tutti gli editori di fumetti in Italia. «Faccio prima a dire con chi non ho collaborato - afferma Montorio -: Lancio Story, le Paoline e la Disney, anche se ho cominciato a disegnare proprio con i suoi personaggi. Ma per le storie comiche proprio non sono portato». Quindi, dall’Intrepido al Monello, dai fumetti per adulti alle barzellette di Menelik, per non dire di pubblicità ed anche annulli postali e disegni per giochi di ruolo.

Il ritorno. Torniamo a Diabolik. Nel 1987 muore Angela Giussani e la sorella continua da sola, ma l’albo diventa da mensile a bimestrale, con un matitista e due inchiostratori “interni”. È cominciata la crisi del fumetto e le case editrici riducono gli organici. Montorio approda alla Bonelli, dove lavora dal 1992 al 1996 come “disegnatore invisibile”, colui, cioè, che corregge tutte le imperfezioni. Poi prova per Martin Mystère: va bene, ma c’è da attendere sei mesi per la sceneggiatura. Ed arriva una telefonata. L’Astorina ha ripreso a pubblicare Diabolik mensilmente, serve un inchiostratore e ci si ricorda di Montorio. Che manda in visione i suoi lavori. «Hanno ritelefonato - rammenta l’illustratore mantovano - per chiedermi quanti anni avevo. Ho chiesto il motivo della domanda. La risposta: “Volevamo sapere per quanti anni ancora potremo contare sulla sua collaborazione”». Da allora, con l’Astorina passata sotto il controllo di Mario Gomboli, Giorgio Montorio disegna regolarmente le storie del superladro, che nel frattempo conosce una seconda giovinezza grazie a un’abile strategia di marketing.

Il futuro. Nel cassetto restano alcune storie delle Amazzoni. «Ma il boom del fumetto - afferma Montorio - è finito negli anni 70-80. Peccato, perché in giro ci sono molti giovani bravissimi. Le nuove tecnologie stanno un po’ snaturando la professione, si può anche lavorare a computer, ma ciò che si realizza a mano non ha paragone. Serve anche un buon feeling con il matitista: con Sergio Zaniboni mi sono sempre capito al volo». Chissà se leggeremo mai le nuove storie delle Amazzoni.

I commenti dei lettori