Un percorso mantovano per non scordare la Shoah
Memoriale allestito dagli studenti di D’Arco e D’Este, domani l’inaugurazione E questa sera al Bibiena assieme al Campiani si rivivrà il processo a Eichmann
Questa sera alle 21 al teatro Bibiena va in scena Una goccia nel mare, produzione del Conservatorio Campiani con il liceo musicale d'Este. Si vedrà in faccia il nazista Adolf Eichmann, unico imputato nel 1961 a Gerusalemme, nel primo processo ripreso dalle tv di tutto il mondo. Alle risposte e allo sguardo dell'uomo orgoglioso di aver pianificato i treni per l’ultimo viaggio di milioni di ebrei, e che non si sente colpevole, “ribellarsi sarebbe stata una goccia nel mare”, si contrappongono le voci bianche del Campiani e del liceo musicale che intonano canti tradizionali ebraici - da Kaddish, la preghiera sefardita per i morti, a Shalom Alechem -, e pezzi strumentali come il Wozzeck trascritto per l'orchestra di docenti, allievi ed ex.
L'ingresso è gratuito, ma è possibile che il teatro sia già esaurito. Il lavoro di Campiani e D'Arco-D'Este ha sviluppato una serie di iniziative e domani alle 11.30 sarà inaugurato il “Memoriale della Shoah mantovana”, visitabile fino 6 febbraio (9-12 e 15-18 dal lunedì al sabato, 15-18 la domenica). Si entra al d'Arco e si scende in cortile, incanalati nel Labirinto dei deportati, fra reti di protezione dei cantieri. Al centro c'è un totem con i nomi di 104 ebrei deportati da Mantova. Nomi che i ragazzi si sono procurati in sinagoga. Dal percorso obbligato fra le reti, che ricordano quelle dei lager, si scendono alcuni gradini e si entra nella prima sala, dove ci sono le fotografie e vengono raccontate le storie di 4 mantovani, la professoressa Bianca Ottolenghi e gli studenti Renzo Finzi, Mara Coen e Lidia Tedeschi, espulsi dall’Isabella d’Este per le leggi razziali. Nell'archivio della scuola si conserva la corrispondenza fra preside e provveditore nel 1938. Ormai avvolti dal clima cupo della Shoah mantovana, si entra in una stanza dove occhieggiano 600 volti di ebrei italiani portati a morire. Gli studenti hanno scelto fra le foto dei 6.806 ebrei italiani deportati, i cui nomi vengono letti uno per uno.
Quindi gli studenti hanno realizzato la stanza dei bambini, dove tante lucine si accendono e si spengono con effetto drammatico. Sono spazi, come del resto lo stesso percorso fra le reti, che si ispirano al memoriale dei Giusti, Yad Vachem di Tel Aviv. E infatti l'ultima camera accoglie un video in cui Emanuele Colorni spiega. La preside Daniela Cremonesi fa notare che hanno collaborato il d'Arco, geometri e grafico, per l'allestimento e la comunicazione, e il Liceo per la ricerca storica e le traduzioni dall'inglese. E i ragazzi hanno partecipato con molto interesse all'incontro con lo storico Marcello Flores e l'esperto di diritto internazionale Gabriele Della Morte, che ha riempito anche l’auditorium del conservatorio nell’appuntamento per la cittadinanza.
È piaciuta l'impostazione che, al di là della pietà, analizza il genocidio dal massacro degli armeni nel 1915 all'istituzione della Corte internazionale dell’Aja. I due studiosi hanno ricordato che l’armeno Tehlirian nel 1921 a Berlino uccise Tatat Pascià, ministro turco che organizzò deportazioni e massacri. Il “giustiziere” fu processato e assolto. Fu l'ebreo polacco Raphael Lenkin, ormai in America, nel 1944 a coniare il termine genocidio di fronte alle notizie su Auschwitz che ormai arrivavano tramite polacchi fuggiti. Il Washington Post pubblicò con rilievo la notizia e il mondo iniziò a conoscere.
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