Nel Mausoleo della Shoah i mantovani vittime dei lager
L’installazione del D’Arco-D’Este ispirata al museo-memoriale di Yad Vashem. Una preziosa opera d’arte realizzata da studenti e docenti dei due istituti
di Gilberto ScuderiMANTOVA. Percorsi angusti, tra grate di metallo, segnati da orme bianche e colorate, di adulti e piccole di piedi scalzi e poi di inquietanti scarponi con suola a carrarmato. Passaggi stretti che conducono dentro locali dove il sole è cieco, che si inabissano sotto una terra fredda, gelida in ogni stagione, senza un brivido di calore. Sul cammino di chi visita il Memoriale della Shoah mantovana, inaugurato ieri mattina all'istituto per geometri Carlo D'Arco, la declinazione sotto il cielo di gennaio è quella dei semplici nomi sulle lapidi di legno dei 104 ebrei mantovani e non mantovani presenti sul nostro territorio, deportati tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944 in maggior parte a Auschwitz-Birkenau.
Seguono installazioni al chiuso: “I luoghi della Shoah mantovana” con foto dei luoghi della città che segnarono la tragedia, “Le leggi razziali, vite spezzate” che spiega la politica razziale fascista (ricordiamo l’espulsione dal Regio Istituto Magistrale “Isabella d’Este Gonzaga” nel 1938 degli studenti Mara Coen, Renzo Finzi, Lidia Tedeschi e della professoressa Bianca Ottolenghi, appartenenti alla “razza ebraica”). Ecco poi un luogo oscuro illuminato da piccole luci a ricordo di Luisa Levi e dei suoi coetanei inghiottiti dalla Shoah.
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La porta accanto si schiude su un rettangolo chiuso dove a interrompere il buio è la luce fioca di una lampadina nuda che scende da un filo scheletrico: manca l'aria, fotografie di ebrei deportati nei campi di sterminio coprono il soffitto basso e le pareti, mentre la voce del registratore scandisce uno dietro l'altro i loro 6806 nomi. Nell'ultima installazione un video illustra la fonte d’ispirazione per il Memoriale della Shoah mantovana: il Museo-Memoriale Yad Vashem di Gerusalemme.
Il male non ha diritto a solennità. E solennità non c'è, eppure tutto è al tempo stesso solenne nel Ricordo. Tutto è immenso anche nel pertugio più asfittico e spento, al di là di ogni muro piccolo o grande. Il Memoriale è una preziosa opera d'arte. Non è solo restituzione della storia, ricerca e lavoro di una cinquantina di studenti del D'Arco, del liceo Isabella d'Este e di una decina di loro professori. È un capolavoro di sensibilità, dona la gioia che viene dalla coscienza di ognuno. Che dire dei discorsi ufficiali di inaugurazione? Semplicemente che “ufficiali” non sono stati. Che ognuno, con parole semplici, si è fatto scrupolo di leggerezza.
Così la dirigente scolastica Maria Rosa Cremonesi, i professori Andrea Ranzato, Enrico Manfredini, Marco Bonora, la rappresentante della Comunità ebraica mantovana Loredana Leghziel, l'assessore comunale alla pubblica istruzione Marianna Pavesi, lo studente Luca Santarelli cui si deve il logo del Memoriale della Shoah, patrocinato dal Comune, dalla Provincia di Mantova e dalla Comunità Israelitica e sponsorizzato dal Collegio Geometri di Mantova e dalle ditte Cartiera Mantovana e Edil-one. L'apertura all'istituto D'Arco, in via Tasso 1, è fino al 6 febbraio, da lunedì a sabato dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, la domenica dalle 15 alle 18.
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