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Braglia: «Arte e moda, legame forte»

Lo storico studia la fenomenologia degli stili: "L’abito elegante esalta la bellezza. A Mantova capitale della cultura manca un’università completa con materie umanistiche"

di Marco Mantovani
3 minuti di lettura

MANTOVA. Riccardo Braglia conferenziere, scrittore, giornalista, organizzatore di eventi e turismo d'élite, ma questa è la porta aperta della metropolitana del suo personale Sliding Doors; quella chiusa a quale altro percorso di vita l’avrebbe guidato?

"Fin da piccolo coltivavo idee piuttosto singolari. I compagni di scuola ambivano a diventare calciatori, medici, militari, ma questi erano tutti mestieri che non mi interessavano. All'inizio del liceo si consolidò invece uno straordinario sogno: da grande avrei fatto l’archeologo. Mi vedevo perfettamente calato nelle vesti dello scopritore di una nuova tomba come quella di Tutankhamon; l’atmosfera di questo lavoro mi affascinava da morire. Poi da adulto mi sono reso conto che per poter svolgere tale professione ad alti livelli si devono possedere ingenti patrimoni personali, altrimenti il lavoro rischia di diventare triste e monotono, trascorrendo la giornata in un polveroso ufficio a catalogare frammenti di anfore, senza poter intraprendere alcuna decente campagna di scavo. Quindi, piano piano e con rammarico, ho dovuto rinunciare a questa idea, aprendo così la prima porta di Sliding Doors, quella che mi ha condotto a diventare un appassionato storico dell’arte".

Ma lei sarebbe stato un archeologo serioso e accademico oppure un ricercatore all'Indiana Jones?

"Purtroppo non ho né il fisico né la bellezza del mitico Harrison Ford, però mi vedo bene nei panni di Marcus Brody, il fedele e squinternato collaboratore. Nella sua antica casa medievale la filodiffusione è sempre accesa; le note della musica barocca accompagnano come una colonna sonora ideale il film dei suoi pensieri".

È già vissuto in quell’epoca?

"Premesso che amo la storia in generale, dagli albori della straordinaria civiltà egiziana fino ad arrivare soprattutto al Settecento (è una questione di gusti, ma l’800 e il ’900 mi annoiano un po’). Mi sono posto la sua domanda quando da ragazzo mi recai per la prima volta a Versailles. Visitammo la Reggia, poi ebbi una specie di choc quando arrivai al Petit Trianon. Già vedendolo in lontananza esordii con “questo io lo conosco!” e, una volta entrato, quella sensazione di déjà-vu è continuata in modo inquietante. Indicavo persino quale sala avremmo trovato girando l’angolo; certo, non descrivendola al 100%, ma con un’ottima approssimazione. Chissà, forse in quel luogo e in quel tempo vestivo i panni di uno degli amici pettegoli di Madame de Pompadour".

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In ambito onirico ha altri ricordi?

"Mi è accaduto di fantasticare ulteriori contesti sempre in epoca Luigi XV. Anche se il mio sogno ricorrente è un altro: quello di volare sulle città che conosco meglio, soprattutto Mantova e Parigi. Volteggio senz’ali, come se galleggiassi nell’acqua".

Mi può sintetizzare il legame tra arte e moda?

"Innanzitutto è sempre arte. Ho approfondito gli studi e seguito l’evoluzione di una materia estremamente interessante, ancora non molto conosciuta in Italia, denominata fenomenologia degli stili. Noi storici dell’arte abbiamo ormai abbandonato la suddivisione ottocentesca (prima non esisteva) tra arte e artigianato, arti maggiori e minori. Nel medioevo un pittore come Giotto era considerato alla stregua di un artigiano che realizzava abiti di lusso. Oggigiorno vengono considerate tutte come forme d’arte. Alcune stabili ed eterne, come le sculture in bronzo o in marmo, altre costituiscono un qualcosa di effimero come la moda, ma pur sempre dal fascino inconfondibile e dalla potente valenza estetica. Anzi forse ancor più affascinante per tale ragione. La gran dama che utilizza un abito di straordinaria bellezza ed eleganza anche solo per una sera rappresenta comunque una manifestazione dell’innata vocazione al bello che caratterizza gli esseri umani".

Lei conosce molto bene l’Europa. Cosa manca a Mantova capitale italiana della cultura?

"Ritengo che la città ideale dovrebbe avere un’università più completa con l’inserimento di numerose materie umanistiche. Anche se, a mio avviso, il cambiamento fondamentale sarebbe un altro: andrebbe un po’ modificata la mentalità dei miei concittadini a cui peraltro voglio molto bene per le loro innate doti umane. Ho girato il mondo, ma torno sempre a casa, perché questa è la mia terra, mi sento parte integrante della città e guai a chi me la tocca, però tra noi possiamo anche dircelo: se il mantovano medio non avesse così paura delle novità come ha adesso, sarebbe un bel salto di qualità. Ancora oggi se viene presentato un progetto che esula appena un poco dalla consuetudine si scatena il panico. Comunque confido nell’attuale dirigenza politica di Mantova; ho conosciuto il sindaco e mi sono trovato di fronte a una persona molto fattiva, con una gran voglia di rinnovare la città. Speriamo glielo lascino fare".

CHI E' RICCARDO BRAGLIA

Riccardo Braglia, scrittore, è stato ispettore onorario della Soprintendenza per il patrimonio storico e artistico di Mantova. Si è occupato della realizzazione di mostre e grandi eventi di carattere artistico, culturale e musicale. Ha pubblicato, oltre a numerosi articoli specialistici, una cospicua serie di saggi sulla città virgiliana e il suo patrimonio storico-artistico. Nel 2011 è stato nominato direttore artistico della fondazione Mantova capitale europea dello spettacolo con l’incarico di soprintendere alle stagioni teatrali della città, al Festival del teatro e all’assegnazione del Premio Arlecchino d’oro.

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