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Viaggio coast to coast tra fiction e memorie

Sul Greyhound che attraversa gli States da ovest e est la descrizione di un’America bizzarra e anticonvenzionale

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La taglia 38 instilla un dubbio atroce: la reliquia potrebbe essere falsa. Si tratta di blue jeans, ma non è escluso che Bruce indossasse una taglia 38 quando - doveva essere il 1961 o giù di lì - aveva dodici anni ed era piccolo e magro. Ad ogni modo il sarto del New Jersey non ha alcun dubbio: quei jeans appartenevano a Bruce, che glieli portò per farli riparare e non tornò più a ritirarli. Giacevano nella sartoria da decenni, dimenticati. Per il sarto erano semplicemente un paio di braghe senza valore. Ma per i fans di Bruce erano un cimelio molto ambito. I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani di Silvia Pareschi (la presentazione è stasera alle 20 nello spazio Babel del Salone del libro di Torino) è un mix di fiction, mémoire e reportage di viaggio coast to coast dalla California al New England, un percorso all'incontrario rispetto a quello dei pionieri che conquistarono l'Ovest. Qui la conquista dell'Est, nell'ultimo capitolo, è suggellata dal ritrovamento dei jeans di Bruce, un colpo di fortuna. Ma la strada - a bordo del Greyhound, pullman che attraversando il continente ha sostituito la diligenza Wells Fargo che batteva le polverose piste del West - è stata lunga e spossante, al posto di indiani a caccia di scalpi c'erano i più temibili agenti assicurativi del Nebraska, oltre a enormi mandrie di vacche, e di bisonti nemmeno l'ombra. Cambiano i tempi, l'America non è più quella di una volta. Ma quella di Silvia Pareschi - che vive tra San Francisco (è sposata con l'artista e scrittore Jonathon Keats) e le rive del lago Maggiore dove è nata - è un'America bizzarra e anticonvenzionale, lontana dagli stereotipi ma che tuttavia conserva una sua mitologia fatta di puma, serpenti a sonagli, sequoie, nebbie fluttuanti sul Golden Gate (cui si aggiunge il terremoto di San Francisco del 1906 che fa coppia con l'uragano Katrina che nel 2005 devastò New Orleans) e profumi dichiarati non dell'oceano Pacifico ma - la resina, la salvia - del mare Mediterraneo: il che potrebbe significare portarsi a casa l'America, facendola idealmente e un po' freudianamente propria, anche attraverso un gioco di sovrapposizioni: come il "broccolino", la parlata degli italoamericani newyorchesi di Brooklin, e il pizzaiolo della costa atlantica, anche in questo caso un coast to coast, ma dall'America all'Europa perché la pizza che è piatto italiano emigrato e ritornato a noi dagli States una sessantina d'anni fa. Dopo l'amena lettura, siamo tentati di definire quello di Silvia Pareschi come un libro dentro "le vene dell'America": un modello, in fondo, potrebbe essere quello epico di William Carlos Williams, ma adattato a tempi meno epici, i nostri. Fossimo in filosofia, diremmo un'epica da "pensiero debole", leggera, gioiosa. Ma siamo in letteratura, con un'autrice che è anche una delle più apprezzate traduttrici dall'inglese: tra gli scrittori da lei portati in italiano ci sono Jonathan Franzen, Don DeLillo, Cormac McCarthy, Zadie Smith, Jamaica Kincaid, Junot Díaz. Tornando a Springsteen, nel libro viene ricordato un suo concerto a Milano, allo stadio San Siro, nel 1985. E proprio a San Siro ritornerà con la E Street Band il prossimo luglio. Sarà poi a Roma, al Circo Massimo.

Gilberto Scuderi

Silvia Pareschi, I JEANS DI BRUCE SPRINGSTEEN E ALTRI SOGNI AMERICANI, Giunti, 190 pag., 15 euro

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