Studio su Zavanella, maestro dell'architettura del '900
Talento scoperto a Poggio Rusco da Arnoldo Mondadori, i big mondiali del settore lo premiarono a Rio de Janeiro
Maria Antonietta FilippiniMANTOVA. Il design dei camion Om, come i mitici Orsetto e Lupetto, l’idea degli autogrill come ponti sopra l’autostrada, le motrici dei treni, la sede della Banca Popolare di Milano, più il logo e tanti segni distintivi dell’istituto, e anche la casa di Arnoldo Mondadori, suo amico e scopritore: tutto questo e tanto altro sono le opere di Renzo Zavanella, architetto tra i più importanti del Novecento italiano, nato a Mantova nel 1900 e morto a Milano nel 1988.
[[(gele.Finegil.Image2014v1) 01-A_WEB]]
A riscoprirlo e farlo conoscere è il Politecnico di Milano, con il docente Davide Allegri, che sta per pubblicare una sua approfondita ricerca iniziata nei primi anni Duemila. Durante altri lavori al Csac di Parma (l’archivio storico di molti progettisti), Allegri, docente di tecnologia dell’architettura, si imbattè nell’archivio di Zavanella. «Affidai la tesi di laurea a una studentessa, ma poi decisi di proseguire e lavorarci direttamente per alcuni anni. Questa ricerca che sta per uscire è volta alla rivalutazione, attraverso un’attenta e approfondita analisi di fonti, progetti e scritti, di una figura di architetto che fa parte di diritto di quella schiera di progettisti e intellettuali che hanno profondamente influenzato la cultura architettonica e più in generale figurativa, del secondo dopoguerra italiano».
[[(gele.Finegil.Image2014v1) BELVEDERE_WEB]]
Ecco così riemergere un personaggio che racconta quasi un secolo di storia italiana, mantovana e milanese, e in particolare ci fa rivivere gli anni del boom economico, tanto creativi e pieni di speranze. Nei quali l’arte si mescolava alle tecnologie e all’innovazione. Basti pensare che Zavanella era molto amico di Lucio Fontana, l’artista poi quotatissimo e non solo per i tagli sulle tele, che con il mantovano realizzò la casa di Arnoldo Mondadori a Milano. Zavanella frequentava con assiduità Lucio e la compagna Teresita.
«Le origini di Zavanella erano umili: il papà Carlo era bidello del Reale Istituto Pitentino» ci racconta il professor Allegri, che forse non sa che poi la “ragioneria” è stata la scuola di tanti mantovani di successo, tra cui Roberto Colaninno. Papà bidello e mamma Drusilla Benedini casalinga, e una sorella Bice, più giovane, che vivrà sempre con il fratello. Renzo parte volontario nella prima guerra mondiale e si diploma al Pitentino nel 1920. Va a Venezia e si iscrive all’università commerciale, ma non gli piace e smette presto. Vorrebbe laurearsi in architettura al Politecnico di Milano, magari sfruttando le benemerenze dei reduci di guerra, ma costa troppo. Avrà la laurea in architettura honoris causa a Losanna all’età di 52 anni.
[[(gele.Finegil.Image2014v1) 01-B_WEB]]
Ancora ventenne perde entrambi i genitori, si trasferisce a Poggio Rusco, dove trova lavoro e conosce Arnoldo Mondadori. Anche grazie a lui, partecipa alla Triennale di Milano con Sirena incantatrice in ferro battuto, realizzata dall’officina Fratelli Chiodaroli di Poggio Rusco, e viene notato da Giò Ponti, che era in giuria con Mario Sironi. Proprio l’architetto che disegnerà il Pirellone nella piazza della stazione Centrale a Milano, lo chiama con sé. Renzo ci resterà due anni. Poi collabora a un progetto di Luciano Baldessari, e ne eredita lo studio quando questi emigra in America.
[[(gele.Finegil.Image2014v1) villa dei direttori]]
Nel dopoguerra Zavanella diventerà uno dei più attenti protagonisti della ripresa industriale, unendo il gusto artistico, la capacità dell’architetto e la passione per le innovazioni e l’utilizzo di nuovi materiali, come acciaio e vetro. Nel 1954 Renzo Zavanella vince il Primo Premio Internazionale di Architettura a San Paolo del Brasile, assegnatogli da una giuria di eccezione in cui c’erano i più grandi maestri del Novecento allora viventi: Lloyd Wright, Mies van der Rohe, Gropius e Le Corbusier.
Alla sua città restò sempre legato, tanto da accettare con orgoglio il ruolo di Ambasciatore di Mantova nel mondo, assegnato ai personaggi più noti. E una delle opere più importanti da lui firmate sulle rive del Po: la villa dei direttori dello Zuccherificio di Sermide, di cui il Comune punta ora al recupero. La villa fu realizzata in stile nautico, come chiesto dai proprietari, la famiglia Schiaffino di Genova. Risultò tanto bella e innovativa da meritarsi un servizio di Casabella, famosa rivista di architettura.
I commenti dei lettori