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Quando la partita di tamburello fece infuriare il prete di Castellaro

RENZO DALL'ARA
2 minuti di lettura

MANTOVA. Sono certamente vari gli argomenti sui quali si può dialogare con Enzo Cartapati, ex sindaco di Goito, ma da un suo intervento accolto dalla Gazzeta di Mantova (venerdì 8 settembre) lo si conosce quale presidente della commissione storia e documentazione della Fipt, sarebbe a dire Federazione italiana palla tamburello. Non è entrato nelle tecniche o tattiche di quello definito un tempo “il re dei giochi il gioco dei re”, ma solo nella sua storia, ravanando fra i 400 volumi di tema sportivo della palestra letteraria, vedi Festivaletteratura 2017.

Ebbene, a Festival largamene finito, il cronista vostro si mette a tamburellare, sperando che qualcuno ancora non conosca questo episodio: “Sua Maestà disse di volere andare a iocare alla baletta nel gioco del Signore, il quale era benissimo ad ordine et acconcio che cosa alcuna non vi mancava di balle piccole da archetti; dove Sua Maestà entrò dentro nel detto gioco et molto se ne prese appiacere, lui e monsignor di Balansone da una banda e dall’altra il principe di Bisignano e il marchese de Cleva, spagnolo. Et così giocorno a detta palla forsi quattr’ore, dove Sua Maestà si esercitava molto bene et assai ne sa di tal gioco et iocavano di vinti scudi d’oro la partita, dove alla fine Sua Maestà perse sessanta scudi”.

Il signore era Federico II Gonzaga; Sua Maestà l’imperatore Carlo V; Piero Antonio di Bisignano, calabrese, generale delle armate imperiali; Balansone ambasciatore cesareo. Il gioco del Signore era la Racchetta, nell’ala sud del nuovissimo Palazzo Te, la partita sabato 2 aprile, anno 1530. Luigi Gonzaga di Borgoforte, cronista dell’evento, aggiungeva che “e poi fornito, sua Maestà se ne ritornò in camara solamente con i suoi camarieri et si nudò di camicia et alquanto se ne rinfescò et stette per un pezzo ad riposare”. Aveva 30 anni. Tocco malizioso, la scommessa imperiale perduta. Ovvio che non è roba mia, ringrazio infatti il professor Ugo Bazzotti. Il gioco alla balletta? Ragionevole l’accostamento, come derivato, al tamburello che, dopo i fasti scommettitori dei grandi sferisteri, si sarebbe sviluppato nelle aree paesane. Sto esagerando con questa citazione, che fa parte ormai della vulgata tamburellistica: l’Imperial Regia Delegazione di Polizia in Mantova, data 9 agosto 1856, protocollava il “lamento del Reverendo Parroco di Castellaro contro l’uso del gioco della palla che si tiene sulla piazza pubblica” ed era poi il sagrato della chiesa, chiedendone il divieto. Stamburellante la risposta del commissario, per il quale era meglio “non distogliere da un innocente passatempo la gioventù, che altrimenti passerebbe le ultime ore dei dì festivi nell’osteria, vendite di liquori o in altri giuochi meno onesti”.

A Castellaro, dunque, si può supporre tamburellassero già da allora e non hanno smesso: per lontane frequentazioni giornalistiche, con il guru Emilio Crosato e l’inarrestabile Arturo Danieli, anima, cuore, passione, tutto del suo “Ennio Guerra”, ho potuto vivere e capire la passione degli sferisteri (senza totalizzatori).


 

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