Un museo e due case. Il mito di Nuvolari rivive nel tour guidato
La storia del pilota: ieri il pubblico nelle sale tra auto e trofei e poi alla scoperta delle ville di viale Piave e Rimembranze

MANTOVA. La casa gialla di viale delle Rimembranze, Tazio Nuvolari l’adattò per sé e la famiglia e per le auto: due sono i cancelli, di entrata e uscita per manovrare senza ingranare la retromarcia.
Fu costruita dall’ingegnere Aldo Badalotti nel 1932 e Tazio l’acquistò nel 1935. Ora, abitata dalle suore Figlie di san Paolo con annessa la libreria Paoline, conserva ancora qualcosa del campione: un attaccapanni, un lampadario, qualche sedia, delle tazzine e forse altri oggetti domestici. L’altra casa - la pregevole Villa Rossini, di stile eclettico, in viale Piave, oggi sede del Credito Veneto dopo essere stata della Croce Rossa in decenni passati - fu comprata da Nuvolari negli anni ’40. Mantiene il nome del proprietario precedente: Romolo Rossini campione di tiro a volo.
Tazio non la abitò, la usò come casa di rappresentanza, per le pubbliche relazioni, a metà tra ufficio e museo, dove riceveva gli ospiti. Distingueva la sfera privata da quella pubblica. Ma nella Villa Rossini c’erano anche alberi di mele: Tazio chiamava i ragazzi che andassero a raccoglierle, un regalo.
Un museo, una cittá è il titolo della XIV Giornata Nazionale in programma ieri a cura di un centinaio di associazioni degli Amici dei Musei in Italia. Al centro di questo evento gli Amici di Palazzo Te hanno posto appunto la figura di Tazio Nuvolari. I gruppi per visitare le due case sono partiti ieri mattina e pomeriggio dal Museo Nuvolari, in via Giulio Romano. Prima della partenza Lorenzo Montagner, il direttore del Museo, li ha accolti tra le auto da corsa - subito all’ingresso l’Alfa Romeo 8C 2300 che nel 1933 vinse la 24 Ore di Le Mans - e i cimeli che consacrano Nuvolari nella leggenda. Unico mito mantovano, perché né Virgilio né i Gonzaga lo sono. Virgilio riesce a mandare in visibilio solo i cultori della poesia latina, una élite. Dei Gonzaga - nell’ultimo periodo del ducato quasi peggio dei Savoia dopo l’8 settembre 1943 - forse l’unico a salvarsi come personaggio è il “pascià” Vincenzo I, comunque surclassato da Isabella, che Gonzaga non era ma d’Este.
Nuvolari, invece, molti lo ricordano in giro per la città, e ancor di più sono i settantenni, bambini in quel non troppo lontano 1953, che tenuti per mano dai genitori affollarono la basilica di Sant’Andrea e il sagrato per i suoi funerali.
Un ricordo indelebile. La casa natale di Virgilio, a Andes alias Pietole vecchio, non si sa dov’era. Dei Gonzaga rimangono il Ducale, il Te, San Sebastiano: le star sono i palazzi non quelli che li abitarono.
Nuvolari, al contrario, sfreccia nell’immaginario collettivo in ogni parte del mondo - tutto attrae e tutto concentra su di sé e sulle piste che lo videro correre, anzi volare -, lui, solo lui, senza orpelli che non siano le auto che guidò e tutto ciò che indossò: caschi, tute, maglie, guanti, occhiali, visiere antipioggia. E i giornali che lo rendono immortale, come la pagina che lo vede - minuto, un metro e 64 di altezza, fantino dei cavalli motore - dentro l’enorme coppa Vanderbilt, 70 chili d’argento, a New York nel 1936, mentre beve dalla bottiglia magnum di champagne Moët & Chandon. È da allora che chi vince brinda dal bottiglione. E le fotografie: in una è seduto su un divano con la moglie Carolina; in un’altra è alla scrivania, nel suo studio, con una serie di coppe sull’armadietto alle spalle. Lo studio di Nuvolari sarà presto ricostruito, con i mobili originali, nel soppalco in fondo al Museo: si salirà da una scala. Nell’itinerario cittadino i gruppi sono stati accompagnati da Beatrice Bertoli e Edoardo Biancardi, volontari del Gruppo Giovani Amici di Palazzo Te. A fare da guida nelle case Nuvolari sono stati Sebastiano Bertoni, Speranza Galassi e Fabrizia Morselli.
Gilberto Scuderi
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