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Mantova, il museo Archeologico cresce e conquista visitatori

Nuovi allestimenti, oltre 17mila ingressi e altri custodi per ampliare l’offerta. L’Occaso: dopo tanti sforzi se fosse accorpato al Ducale un po’ mi dispiacerebbe

di Cristina del Piano
2 minuti di lettura

MANTOVA. Se da una parte incombe l’incognita dell’accorpamento con Palazzo Ducale, dall’altra l’attività e i numeri del museo Archeologico di Mantova, parlano già di un vero successo. Dai 4.820 visitatori del 2015 si è passati ai 10.866 del 2016 e, ultimi dati, 17.082 ingressi nel 2017. Dopo anni di attesa, insomma, se si considera che l’edificio fu donato dal Comune allo Stato nel 1978 e aperto nel 1998 in una parte limitata su tre piani di possibile estensione, il museo ha cambiato volto. Nel 2016 è stato inaugurato infatti l’allestimento permanente Mantua: una città romana, ripristinato l’ingresso da piazza Sordello, nel 2017 restaurate le tempere del voltone, e circa un mese fa (il 7 dicembre) è stata presentata la sezione del 1° piano dedicata ai riti funerari nella preistoria del Mantovano dove troneggiano gli “Amanti di Valdaro”.

Quest’anno sarà poi introdotta l’intera sezione dedicata al periodo pre-protostorico fino alla romanizzazione. Ultimo step il completamento della sezione romana al piano terra e la ricostruzione del monumento di tipo sarsinate. Il rilancio del museo è stato uno degli obiettivi dichiarati di Stefano L’Occaso direttore del Polo Museale della Lombardia e della direttrice Nicoletta Giordani. E se gli ingressi del 2017 rispetto all’anno precedente per Ducale e Te hanno registrato un calo, in controtendenza è appunto l’Archeologico. «Quello appena concluso è stato un anno molto positivo - conferma L’Occaso -. l’Archeologico è uno dei dieci musei del Polo che dirigo e ha registrato una straordinaria crescita in termini di visitatori: nel 2017 abbiamo avuto un aumento del 57% rispetto all’anno precedente, il 2016, che a sua volta registrava un +125% di visitatori rispetto al 2015». Da alcuni giorni, grazie al l’interpello ministeriale sette custodi sono passati dal Ducale all’Archeologico che ora si avvale di 12 addetti alla vigilanza e, per questo, nuovi orari di visita sono stati predisposti per valorizzare l’offerta museale.

Come già segnalato dalla Gazzetta, circola però l’indiscrezione che un provvedimento ministeriale potrebbe prevedere un accorpamento dell’Archeologico alla reggia (e altre fusioni avverrebbero anche a livello nazionale). Se questa misura si concretizzasse lei come la prenderebbe? «Non sarei particolarmente contento - spiega il direttore del Polo - abito a Mantova e dunque conosco bene la realtà e le potenzialità del museo. Stiamo investendo moltissimo per valorizzare questo patrimonio ed entro la metà dell’anno sarà comunque interamente allestito tra piano terra e primo piano. Ecco, direi che perderlo subito dopo aver fatto tanti sforzi, sarebbe un piccolo dispiacere. Detto questo sono certo che, se il provvedimento dovesse passare, chiunque arriverà lo gestirà altrettanto bene».

La prospettiva però potrebbe cambiare. Ovvero, mentre ora il museo guarda autonomamente al futuro per intercettare l’interesse dei visitatori con nuovi orari, offerte didattiche e tour tra i reperti, un eventuale accorpamento potrebbe cambiare i piani. A detta degli stessi vertici del Ducale, infatti, la carenza di organico lamentata per la reggia non migliorerebbe con la fusione e, per questo, orari e gestioni dell’Archeologico potrebbero essere rivisti. Con poche persone in campo lei come ha fatto a far funzionare la struttura? «A spese nostre - spiega L’Occaso - pur di rimanere aperti, abbiamo fatto ricorso a personale esterno. Del resto il primo anno avevamo solo tre custodi, poi cinque e ora dodici. Il Polo lombardo comunque ha un organico nei suoi musei pari al 50 per cento rispetto a quello previsto. Di conseguenza - aggiunge - per me è stato assolutamente necessario, da subito, ricorrere a forze esterne. Addirittura ho due realtà, come la Certosa di Pavia e il museo della Preistoria di Capo di Ponte, che sono totalmente privi di personale ministeriale e dunque è stata una scelta obbligata. Non è la soluzione ideale ma bisogna farlo per far fronte all’emergenza e rispettare quello che è, a tutti gli effetti, un servizio pubblico».
 

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