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Felice Bonati, la vita è l’amore per il legno

Lo scultore si racconta: dentro ai pezzi che decido di lavorare vedo qualcosa

Luca Cremonesi
3 minuti di lettura

CASTIGLIONE. Felice Bonati è un uomo d’altri tempi. La sua modestia va di pari passo con la sua disponibilità. Pur se non ha mai voluto avere allievi non si è mai negato e ha partecipato a molti eventi organizzati dal Comune. Nel recente passato ha realizzato laboratori per insegnare ai bambini l’amore per il legno.

La stessa magia l’ha ricreata quest’anno nello spazio che gli è stato ricavato nel presepio vivente nel castello di Castiglione delle Stiviere.

In molti si sono fermati a guardarlo scolpire mentre nella chiesa di San Sebastiano era esposto il suo ciclo della natività. Felice ha sempre un sorriso e una parola per tutti quelli che si fermano a parlare con lui. «Per tanti anni ho lavorato in luogo di sofferenza, il manicomio. Lì ho visto situazioni pesanti. Molta di quella sofferenza mi ha fatto riflettere e i temi che sviluppo nelle mie sculture escono anche come reazione a quello che ho visto» afferma Felice mentre ricorda di non aver voluto allievi «perché questo era uno spazio mio, quello cioè della scultura, in cui mi sentivo libero. Non mi sottraggo se ci sono eventi organizzati anche perché sono in mezzo alle persone, ma preferisco lavorare da solo. Non è egoismo».

Felice Bonati arriva alla scultura per puro caso. «Avevo trent’anni. Non avevo mai toccato uno scalpello. Non sapevo e ancora oggi non so disegnare. Non ho mai fatto bozzetti e non ne faccio tuttora. Nel mio giardino c’era un pezzo di legno. Un tronco di pianta che si stava seccando. L’ho preso perché ci ho visto qualcosa. Mi capita ancora, ed è così che scelgo i pezzi da lavorare. Ci devo vedere qualcosa».

Nessuna scuola, nessun maestro dunque. Felice prende in mano uno scalpello che trova fra gli attrezzi di casa, in campagna, e realizza la sua prima opera intitolata “Albero della vita”. «Da quel momento non ho più smesso. Penso di aver realizzato oltre 250 sculture. Il mio laboratorio è nel mio garage. Quello è il mio regno. Ci sono tutti i miei attrezzi e sono circondato dalle mie opere». Anche la casa è di fatto un piccolo museo. Sulle scale, sui mobili, nei corridoi ci sono i suoi legni, le sue figure. Si apre una porta e ci sono sculture. Figure, totem, pezzi astratti, «con alcuni dei quali ho partecipato a concorsi dove mi sono sempre distinto. Ho anche ottenuto primi premi, medaglie d’oro, e attestati per essere stato classificato come secondo o terzo».

Sulla scala principale, nell’atrio, si può osservare una composizione astratta complessa, con una sfera che ruota su stessa. Accanto un totem che rappresenta la storia della vita. «Da qui siamo partititi» ed indica il basso dove il corpo di una donna e di un uomo si fondono insieme, «e qui, nella parte alta, c’è il mio pensiero attuale cioè l’idea che la vita proseguirà e potrà farlo anche fuori dai nostri confini. L’uomo potrà conquistare lo spazio e anche lì ci sarà vita».

La vita, dunque, ma anche la maternità e l’aiuto umanitario sono fra i suoi temi chiave. «Molte mie opere si interrogano sulla maternità. Tutto parte dalla maternità. Anche il ciclo che ho esposto nei giorni di festa del Natale era tutto strutturato attorno a quel tema. La vita è un dono, questo non lo scordo mai, e nelle mie maternità questo è chiaro». Anche l’amore per Castiglione è centrale nella sua opera. «Il mio ultimo lavoro è dedicato a San Luigi. Ci sto lavorando e il tema è quello dell’angelo della gioventù». Per quanto riguarda il mondo dell’arte castiglionese Felice Bonati ricorda di «aver avuto sempre ottimi rapporti con tutti i grandi nomi che hanno fatto la storia dell’arte castiglionese».

Uno su tutti, però, accende sguardo e sorriso, Aldo Rossi, scultore del legno scomparso un anno fa dopo una lunga malattia. «Aldo era una persona straordinaria. Abbiamo parlato molto. Ci confrontavamo». In alcuni lavori di Bonati si rivede il tocco di Rossi e la grazia che sapeva mettere negli abbracci. «Non ho un legno preferito - conclude Bonati - uso tutti i tipi di legno. Devo vederci dentro qualcosa. Questo è decisivo per la scelta del pezzo che voglio lavorare. Il mio vero nemico è il tarlo. Cerco di scegliere legni che non siano intaccati dal tarlo».

Nel 2005 Castiglione delle Stiviere gli aveva dedicato una personale a palazzo Menghini con tanto di catalogo. «Ora ho molto altro materiale - afferma sorridendo, quasi a riproporsi come oggetto di una nuova mostra - ora però sono concentrato su San Luigi. Tengo molto a questa nuova scultura che voglio terminare per i 450 anni dalla nascita di San Luigi che saranno celebrati il prossimo 9 marzo. Spero di poter mostrare ai miei concittadini questo lavoro. Non ho particolari desideri perché ho realizzato molto. Tuttavia, non mi pongo limiti e la mia avventura continua, senza sosta».


 

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