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Tutti i sindaci mantovani sostengono Assmann

Il direttore: "Mi sento preso in giro da Roma". "I custodi? Non hanno nemmeno bandito i concorsi". Firmano 64 primi cittadini su 64

Gilberto Scuderi
2 minuti di lettura

MANTOVA. I sindaci mantovani continuano a firmare. Siamo a quota 64 su 64 (il promotore dell’iniziativa, il sindaco di Poggio Rusco Fabio Zacchi non ha interpellato i Comuni commissariati). Ai 40 di ieri se ne sono aggiunti 21: ci sono tutti. I sindaci vorrebbero che Peter Assmann rimanesse dov’è, a Mantova a palazzo Ducale. O, comunque, che il ministro Bonisoli spiegasse come mai non ha risposto alle segnalazioni di Assmann e quali saranno le strategie future per un museo fondamentale per l’intera provincia.

Il manager austriaco finora ha fatto il suo dovere, e continua a farlo. Dati alla mano, nella Reggia i visitatori arrivano a valanghe. E oltre a godersi i capolavori d’arte, devono pure mangiare. Così godono anche i ristoratori mantovani. Poi, se dormono in città, solluccherano pure gli albergatori, i B&B e annessi e connessi.

Assmann lavora sodo, tira dritto, sebbene la prospettiva sia proprio quella che l’anno prossimo lasci suo malgrado le rive del Mincio e torni in patria a dirigere a Innsbruck il Tiroler Landesmuseen. Ma forse uno spiraglio c’è: «È prematuro fare testamento» ha detto. Come si sente Assmann? «Preso in giro» risponde tondo tondo, senza cravatta nello showroom Lubiam, dove ieri è stata presentata una capsule collection dedicata a Giulio Romano. Cerchiamo di approfondire. Al buffet lo tiriamo in disparte, anche solo per farci ripetere quanto ha detto pubblicamente. Quando arrivò a Mantova nel 2015, fece a se stesso tre promesse: una di non mettere mai la cravatta (ma adesso forse Lubiam gliene regalerà una, magari da mettere tra un anno in Austria o a Mantova), l’altra di non interessarsi mai di politica.

A meno che, ha detto, la politica non fosse «entrata nel mio corpo». Corpo inteso sia della persona che di Palazzo Ducale, straordinaria identificazione, con implicazioni psicanalitiche. E il ministro Bonisoli? Assmann lo ha detto e non lo ha detto (tanto si capisce) senza mai citare il ministro né per nome né per cognome. La questione va oltre la vicenda personale, per cui non si sa se Assmann vada o rimanga, né si capisce perché il ministro non gli risponda magari di no e morta lì. No, il ministero oltre all’ordinario non dà un quattrino a Palazzo Ducale, né a quanto pare manda i 9 custodi promessi, nonostante le buone intenzioni con cui di solito si lastrica la via dell’inferno. Dice Assmann: «Il Ducale s’è accollato il Museo archeologico, che costa 100mila euro l’anno. In quanto ai custodi non sono nemmeno stati banditi i concorsi». Ma allora cosa fa il ministero? «Manda circolari su circolari». Non siamo più ai tempi dei Gonzaga, quando arte, moda e politica erano in perfetta sintonia. Tondo tondo. Proprio così. Infatti Assmann si augura di dimagrire un po’.

È la terza promessa, fatta tre anni fa: vuole mettersi a dieta. Al momento vede una certa distanza tra il suo corpo e le collezioni Lubiam, fatte per fisici meno esuberanti. Al vernissage della mostra su Giulio Romano il 5 ottobre 2019 «quale giacca dovrò portare?» si chiede. La cultura comprende anche la “maniera” con cui vestiamo. Lo sapevano i Gonzaga al tempo. Oggi lo sanno perfettamente Lubiam e Assmann. 
 

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